Quasi trecento persone a Milano, alle cinque di pomeriggio, all’inizio dell’anno, per interpretare la linea d’ombra in cui è sprofondato il Pd, tra Tarantellagate e novità centriste, angosciosi (e angoscianti) appelli del segretario e perenni distinguo dei vari leader, un sindaco che presenta certificato medico per tirare fino alle elezioni nonostante le inchieste, qualcuno che, per esagerare, difende Villari e il suo modo di fare. Più che un commissario qui ci vuole un esorcista. Come per ogni carovana che si rispetti, al tè democratico sono giunti ambasciatori da ogni confine: da Roma, dal Veneto profondo, dalla provincia lombarda, dalla riviera ligure. Giovani e adulti, senza distinzioni. Tanti giovani più del solito, però, e questo dato non si può continuare a banalizzare. Un’introduzione di Ivan bella e convincente, una conclusione di Pier pugnace e risoluta: in mezzo Carlo e Oleg, Matteo e Marella, Francesco e Tere e Michele, e tanti altri. E domande e riflessioni per rimettere in moto un partito che si è perso in un bicchiere d’acqua, mezzo vuoto per di più. Non so come i giornali parleranno di questo piccolo evento, sono sicuro però che non ne hanno finora mai parlato, e che per la prima volta la rete (e solo la rete) è servita a portare le persone a ritrovarsi e a dire la propria, e viene in mente, fatte le debite proporzioni, quello che è successo tra Springfield e Grant Park. Ci avevano detto: «Muovetevi, fate qualcosa, liberiamo i cani se andate avanti così». E noi, con molta umiltà e preoccupazione, stiamo cercando di farlo. Dove ci porterà la Carovana? Questa è difficile, Gerry. Potrei cavarmela con una citazione: «Caminante, no hay camino, se hace camino al andar». La Carovana si spiega per quello che è, una ricerca della chiave e del riscatto. Già, tutto vero, ma so che non basta. E allora dirò che vogliamo che il Pd conosca una svolta politica al suo interno, dove tante cose non funzionano, ma che soprattutto abbia a cuore il suo profilo programmatico e il famoso «che cosa» intendiamo dire ai cittadini italiani. E l’unica chiave di lettura di cui sono sicuro, in questo momento, è che la duplice crisi del nostro Paese, quella economica e quella politica, che affondano le loro radici molto lontano e molto prima di oggi, possono trovare una soluzione solo se verranno affrontate insieme. Solo se sarà chiara la direzione, e ci saranno misure e provvedimenti conseguenti. Se il Pd vorrà, partendo dalla crisi (che è anche scelta e selezione e momento di chiarezza), dare nuovo senso alla propria proposta politica, tornando a parlare con le persone che la crisi la vivono. Le cose serie, insomma, i fondamentali, le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno, non le chiacchiere, le divisioni, le ‘formule’, i personalismi. Anzi, i personalismi no, ma anche sì, se si tratta di esempi positivi, di cose concrete, di iniziative ben rappresentate dalle tante persone che al Pd dedicano intelligenza e passione. Così si potrà leggere la linea d’ombra, dopo un viaggio pieno di avversità da cui, come nel romanzo, emergiamo tutti febbricitanti, divisi e spaventati. In un porto provvisorio in cui sentirci tutti più maturi. E con la consapevolezza che dobbiamo rimetterci in mare, però, senza perdere altro tempo.

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