Aut. Min. rich. A grande richiesta (si fa per dire), torna lo spazio ombelicale. Per celebrare il 2008, dal mio punto di vista personale, personalissimo. Del resto, come dice la canzone, «era appena cominciata la ricerca di noi stessi». Appunto. Vale per il Pd, che per la verità, nel mezzo del cammino della sua breve vita, si è smarrito, in una selva di incertezze e divisioni, e ora si trova in pieno limbo (e noi, con lui, sospesi). Anche per il sottoscritto, democratico microcosmico, che registra ogni singola défaillance del suo partito in modo emotivo e, in qualche modo, esistenziale, è stato un anno complicato. Venivo da una lunga serie di sconfitte e mi sentivo un po’ come quello che è stato in serie B e che deve ritrovare il gioco migliore, dopo una difficile e precaria promozione nella massima divisione. Un profilo nuovo, cercavo, non per gli altri, che a un certo punto chissenefrega. No, no, proprio per me stesso. Mi sono dovuto abituare di nuovo alle cose importanti, provare e riprovare la formazione, cercare la continuità al posto del gesto isolato. E, come sempre, mi hanno aiutato i compagni di squadra. Che quest’anno sembrava, giorno dopo giorno, di giocare in una formazione sempre più numerosa e capace, che si allargava ogni giorno di più. Ci siamo allenati, abbiamo sofferto e patito, anche se abbiamo festeggiato, sotto il segno di Obama, certamente, e di un fantastico Del Piero, con la standing ovation del Bernabeu a rendere tutto indimenticabile. Tra le viuzze di Marrakech o lungo il Niger, a Grant Park o alla Siegessäule, sulle piastrelle di una terrazza a Barcelona o alla riscoperta di Madrid, le città invisibili, dai nomi esotici (Timbuctù!), e quelle visibili e presenti, dai nomi con le desinenze che ricordano il mio cognome, e che Gadda amava. Parlo, lo potete immaginare, delle serate a far politica (quasi tutte) e delle feste (idem), dei grembiuli e dei dibattiti, da Roma all’ultima provincia dell’impero. E tornano alla mente le piazze e le strade, da Torino a Trieste, da Barzago al Punto G, cercando di migliorare il pezzettino di mondo che ci è toccato in sorte, e soprattutto di migliorare noi stessi. L’Al Gore di Varese e Luino per Obama, e l’architetto di Venezia e un viaggio lungo l’autostrada a fare il diavolo a quattro, con gli amici di sempre e quelli che sono arrivati a stagione iniziata, e che ci hanno raggiunto e anche superato. Le persone incontrate lungo la strada, sia che si trattasse della piazza dove tutti gli incroci sono possibili, sia che ci trovassimo nel Veneto profondo, in campagna elettorale a Lodi o in un bar di Milano, ad aspettare un treno, in una stazione, o un volo low cost per scappare via. La frase dell’anno è questa, e l’ho trovata a Berlino, sulle tracce di Walter Benjamin: «La fata, presso la quale si ha diritto a un desiderio, c’è per ognuno». La si troverà nel 2009? Meglio non azzardare pronostici. Una cosa è certa, però: per quest’anno, credo di averla cercata abbastanza.

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