Negli Usa, nei giorni ‘elettrici’ di Obama, le librerie, nella sezione nonfiction (la saggistica), sono invase da testi dedicati al picco del petrolio, agli investimenti per le rinnovabili, alla riduzione del consumo di energia e al global warming. È un tema popolarissimo neli States, molto più di quanto non lo sia (ancora) in Italia. E non è affatto ‘fiction’ pensare che, dopo gli otto anni di Bush, proverbiali per quanto riguarda il disimpegno circa i temi ambientali, la sfida sia lanciata. Barack Obama ha spesso ricordato l’importanza strategica della partita ecologica e a Denver, nel corso del suo discorso di investitura, una standing ovation aveva accompagnato il passaggio sull’ambiente (la stessa cosa, purtroppo, non si può dire dell’analogo accenno di Veltroni nel comizio al Circo Massimo, accolto ancora troppo tiepidamente dal popolo democratico). E a Berlino, in occasione della sua visita europea, Obama aveva messo sullo stesso piano l’impegno internazionale per la sicurezza e quello globale per l’ambiente. Com’è noto, Obama intende seguire uno schema ispirato al cap-and-trade e per molti versi simile al 20-20-20 elaborato da Bruxelles, anche se fasato sui prossimi 10 anni, con una particolare attenzione allo sviluppo di nuove tecnologie, da esportare nel mondo (finalmente qualcosa di buono da esportare…) per rendere il sistema americano più sostenibile e più competitivo. Berlusconi, nelle ultime settimane, si era spesso riferito proprio alle posizioni dell’amico Bush per sostenere la critiche portate dal governo italiano alla direttiva Ue. La smentita che arriva ora dagli Usa non potrebbe essere più clamorosa. Un notevole impegno sul piano culturale, una grande attenzione dal punto di vista politico, e soprattutto e per la prima volta la straordinaria possibilità di fare massa critica, investendo cifre colossali per l’ambiente, in una logica ispirata alle migliori pratiche europee (perché, è il caso di ricordarlo, anche Merkel e Sarkozy sono “in linea”, tanto per far risaltare ancora di più l’anomalia italiana). Seguendo la corrente obamiana, il Pd dovrebbe affrettarsi a rilanciare, e a riproporre la sfida in campo ambientale come una delle famose priorità, senza confinarla ai convegni e ai seminari, o alle proposte dei pur preziosi ecodem, quasi fosse tema di nicchia o da specialisti. Inutile ricordare che l’ambiente riguarda direttamente la vita dei cittadini, e l’opposizione al governo sulle questioni ambientali è doverosa, necessaria e probabilmente decisiva per definire lo stesso profilo riformista (e progressista) del Pd. Anche in questo caso, Obama dovrà essere praticato e non semplicemente evocato, perché i tempi stringono, e l’Italia sta offrendo, come troppo spesso le capita, pessima prova di sé a livello internazionale, quasi come con la tristissima vicenda dell’abbronzatura.

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