Per la quarta tesi wittenberghiana ci si affida all’imperdibile metafora calcistica. Abbiamo spesso richiamato in questa sede la rincorsa delpieriana, ma questa volta si parla della necessità di andare fino in fondo. Proprio come capita sulle fasce, che se si decide di crossare dalla tre quarti, la difesa si schiera, e il pallone viene ribattuto nove volte su dieci. Invece se si va fino alla linea di fondo, e si alza la testa, preoccupandosi del marcatore ma soprattutto della direzione da far prendere al tiro, allora le cose cambiano parecchio. A Wittenberg lo sanno tutti, ma sembra che alla politica democratica questo aspetto sfugga sempre più spesso. Eppure esso è collegato al tema dell’ostinazione e della coerenza del proprio mandato, ma anche alla necessità di indagare più a fondo, appunto, le questioni. Non fermarsi alla superficie, non concedere troppo spazio al qualunquismo o al famigerato “buon senso”. Sulla superficie, spesso, la destra è avvantaggiata, per motivi che attengono alla propria ‘costituzione’. Il berlusconismo sguazza in un’acqua bassa, bassissima, e non c’è nulla di ironico in tutto questo. Vale la pena di spingersi un po’ più in là, di guardare le loro cose attraverso le cause da cui si sviluppano. E non fermarsi a tre quarti, perché poi è meglio lasciarsi andare, abbandonandosi al buon senso. Ci tocca fare qualche passo più in là, rischiando anche di finire lunghi, o di farci mancare il fiato. Ci vuole un po’ di coraggio. Un bel po’. Ma è necessario.

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