Seguo con preoccupazione la vicenda di Eluana Englaro e devo rilevare che la Lombardia non si smentisce mai. Il tema è assolutamente delicato e complesso, e ogni strumentalizzazione in senso politico sarebbe sbagliata, ma mi sento di condividere le parole di Vittorio Angiolini, avvocato della famiglia: «La risposta della Regione Lombardia è un atto gravemente illecito e lesivo del diritto fondamentale a ricevere dall’ente pubblico a ciò preposto trattamenti sanitari conformati a quanto stabilito legalmente in sede giudiziaria». Angiolini rileva che «il comportamento regionale costituisce un precedente da segnalare, sia quanto alla circostanza che la Regione si riserva di impossessarsi di ogni decisione sui trattamenti sanitari invasivi della sfera personale degli utenti, discostandosi d’arbitrio e in dispregio della Costituzione da puntuali previsioni legali, sia quanto alla cancellazione dell’autonomia professionale del medico». E c’è un ultimo punto che abbiamo già avuto modo di rilevare in passato: «La Regione pretende infatti di pronunciarsi essa stessa, come ente politico-amministrativo, su quali siano i criteri di esercizio della professione da parte dei singoli medici che lavorano nel servizio sanitario nazionale, spingendosi a promettere eventuali sanzioni disciplinari, nel riferirsi a ‘obblighi di servizio’ a quei medici che, come peraltro doveroso, intendessero ottemperare a quanto stabilito legalmente dalla cassazione e dalla Corte d’Appello di Milano». Mi pare che proprio questo sia il punto più grave (del tutto ultroneo, tra l’altro), della lettera del direttore generale della Sanità lombarda.

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