Come già a Dakar, la differenza la fa la gente. Per strada e nella piazza. Dove gli incroci possibili, come vorrebbe Lorenzo, sono letteralmente infiniti. Al centro della piazza (titolo: un te nel delirio) ho cenato con due marocchine (una di Marrakech, l’altra residente a Berna), a fianco avevo una coppia di giapponesi, presto sostituiti da due belghe, madre e figlia. Tutto intorno tutta l’umanità che si possa immaginare. Visi di colori talmente netti che sembrano pantoni, lingue che si sovrappongono, tutti che parlano un quasi francese, spesso improbabile. Cresciuto alla scuola di Francisco, sfoggio un ottimo italofrancocatalancastellano che mi rende del tutto simile al Salvatore de Il nome della rosa (qui parle une langue étrange, brassage de toutes les autres). Creo que ara j’irai baixant a dare un paseo per las calles du Suq… Demain è otro jour…

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