Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Un esponente dei Ds delle mie parti, una volta, subito dopo la mia elezione in Consiglio regionale (in cui, come mi dicono spesso, quasi per rimproverarmi, ho preso «troppi voti»), a proposito della mia funzione di dirigente politico, commentò in pubblico, nel corso di una cena alla Festa dell’Unità: «Ma tu Cassano lo faresti giocare?». Voleva, con il paragone aulico, significare che di me è meglio non fidarsi, nonostante il talento (boh) e il molto favore ricevuto dal pubblico, perché non rispondo alle indicazioni del Mister. Ora, alla luce dell’inverosimile e a tratti sorprendente discussione (?!) intorno alle candidature del Pd (voglio vedere fin dove vogliono arrivare, sul serio, e commenterò solo allora, perché temo che tutto questo indebolisca la nostra proposta politica), mi torna in mente quell’immagine, anche perché il Mister di allora si candida per un posto in Parlamento. E’ nelle condizioni di decidere, e ha il sostegno di quelli che contano. Cassano, nel frattempo, firma autografi e raccoglie complimenti (anche dagli avversari, che non lesinano proposte indecenti), ma non è stato nemmeno convocato dalla società. Di lui se ne sentono dire di ogni, nello spogliatoio: è quasi uno sport nazionale, che ha ormai preso il posto dello sport a cui la squadra dovrebbe essere ‘votata’. Un giorno, si toglierà le scarpette, farà la borsa, raggiungerà il piazzale dello stadio e prenderà un taxi. Se ne andrà a giocare altrove, in un altro campionato: in quel posto, dove le convenienze e le meschinità non incidono in modo così definitivo sulle carriere dei giocatori. E dove si può giocare liberi, come vorrebbe lo schema di gioco cosiddetto “alla Walter”, o al limite stare in panchina, senza doversi anche giustificare. E in lontananza risuonerà quella musica dolce, che tanti conoscono, ma in pochi sembrano avere davvero capito: «un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia…».

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