Il pluralismo di uno solo

La giunta regionale ha approvato qualche giorno fa un progetto di legge dedicato al sistema lombardo dell’informazione: nel testo si parla soprattutto di televisione, con un fugace (e, per quanto mi riguarda, per nulla esaustivo) riferimento all’estensione della banda larga sul territorio regionale (uno dei temi a cui sono più affezionato, fin dai tempi del doppino di Briosco). Si tratta di una legge con la quale la giunta intende normare un settore in cui da sempre spadroneggia, a cominciare dai servizi informativi del Tgr per finire con gli spazi televisivi acquistati presso le emittenti private. Formigoni vuole una legge-quadro nella quale, rispetto al quadro normativo nazionale, scompaiono letteralmente le funzioni di controllo, di garanzia e di vigilanza da parte dell’istituzione naturalmente deputata ad assumerle. Mi riferisco ovviamente al Consiglio regionale, che nella legge è citato una volta soltanto quale destinatario del piano annuale di comunicazione predisposto e approvato dalla giunta, senza che sia contemplata la possibilità che questo piano sia modificato. Lo stesso vale per gli enti locali, perfettamente esclusi dalla programmazione e dalla valutazione del ‘sistema’: gli unici attori protagonisti sono la giunta e il Corecom. Ci pare troppo poco. Di questa legge parleremo ancora e seguiremo il dibattito che si svilupperà sull’argomento: possiamo dire fin d’ora, però, che le condizioni di partenza ci preoccupano e che, se è vero che è importante avere un servizio televisivo regionale più vicino al territorio e più ‘rappresentativo’, crediamo che il pluralismo sia un valore che, per definizione, non possa essere assicurato da uno solo, in solitudine, oltretutto, e dalla sua cameretta al trentesimo piano.

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