A chi come me ha un vero e proprio culto per Gian Antonio Stella non poteva certo sfuggire il suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Sergio Rizzo, pubblicato da Rizzoli e intitolato, senza troppi giri di parole, La casta. Il sottotitolo è ancora più preciso: Così i politici italiani sono diventati intoccabili. Si parla in modo competente e documentato (mai qualunquista) dei cosiddetti costi della politica, una delle piaghe della vita di questo povero Paese. Un argomento tabù, rispetto al quale gli esponenti di tutte le formazioni politiche preferiscono tacere o stendere pietoso velo. E, invece, sarebbe il caso di intervenire: sulle auto e sugli aerei blu, sui benefit ‘nobiliari’, sui caudatari numerosi e “di famiglia”, sugli stipendi assurdi e sulle prebende che i politici stabiliscono per legge. E per se stessi. Leggendo Rizzo-Stella si scopre che il Quirinale costa più di Buckingham Palace, che i barbieri di Camera e Senato sono aumentati negli ultimi anni, che costa meno pranzare a Palazzo Madama che alla mensa degli spazzini di Marghera. Cose che in parte avevo già visto, nella Regione più efficiente d’Italia (che regala imprescindibili lecca-lecca alle fiere, che ristruttura i propri uffici poco prima di trasferirsi in altra sede, che premia i suoi consiglieri con un trattamento esentasse che fa salire a cifre altissime il proprio stipendio mensile, grazie ad un’accorta politica di rimborsi spese e diarie per le quali basta la firma all’inizio e poi chi si è visto, si è visto). Ho cercato di spiegare che anche banali forme di cortesia – come gli auguri di Natale – costano un botto ai contribuenti, perché gli auguri sono di politici e amministratori, ma chi paga sono proprio i loro inconsapevoli cittadini. Oppure, e altrettanto inutilmente, mi sono chiesto se è il caso che questo depuratore o quella municipalizzata in via di chiusura debbano avere necessariamente 11 (undici) consiglieri di amministrazione, quando ne basterebbero meno della metà. Tutti argomenti ‘intoccabili’: se ne parli, immediatamente qualcuno si alza e grida: «Demagogia!». E il discorso si chiude, in attesa di bere un caffé scontato alla buvette e di salire su un auto blu, magari con la scorta. Se la politica vuole recuperare quella relazione sentimentale con il popolo-nazione che si è persa tanto tempo fa, è il caso che intervenga prima di tutto su se stessa. Al più presto.

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