Il Manuale e gli stili di vita

Come per ogni sequel o seconda edizione di un film precedente, anche per Manuale d’amore 2 dobbiamo registrare un calo abbastanza sensibile. Veronesi non riesce a mantenere la ‘leggerezza’ del primo film, nel quale soprattutto il primo episodio aveva ben impressionato (con il Muccino ‘piccolo’ molto bravo a soffrire nell’inseguimento di Jasmine Trinca per le strade di Roma). La scelta di optare per un racconto molto schematico (quando non caricaturale), rende il film un po’ troppo superficiale anche per chi non si aspettava Bergman. Detto questo, è invece da segnalare il coraggio della scelta di parlare di temi attuali, come la fecondazione medicalmente assistita (Fabio Volo ad un certo punto prende addirittura posizione, guardando in camera, sulla legge 40) e i matrimoni gay (un po’ come dopo la visione di Reinas, alla fine del film tutti preferiscono Rubini a Ruini). E’ quasi paradossale, ma, in particolare per il primo dei due temi, è la prima volta che se ne parla, cinematograficamente, in Italia. Ed è forse il segno dei tempi che ciò debba avvenire in un film come Manuale d’amore 2, dove, tra una risata e l’altra, si comprende una straordinaria banalità, intorno alla quale il mondo politico si divide aspramente: che ognuno sceglie lo stile di vita che vuole. E può farlo, senza dover chiedere il permesso a nessuno, proprio perché la questione riguarda spesso, se non sempre, i sentimenti e, perché no?, l’amore. Cose troppo complesse per poter appassionare e convincere il ceto politico più arretrato d’Europa (non a caso, in termini di civiltà, i protagonisti del film sono Barcellona e la Spagna). E pensare che, a volte, per capire le cose, basterebbe un Manuale

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