«Ho sassi nelle scarpe e polvere sul cuore, freddo nel sole e non bastan le parole». Per l’ultimo post dell’anno (o forse no, chissà che domani non mi venga voglia di aggiungere qualcosa…), Capossela mi viene ancora in soccorso per confessare – per così dire à la fin de l’envoi, come piaceva a Cyrano – che quello che si chiude è stato anche un anno di amarezze, di tensioni non raccontabili e di inutili cattiverie. Un anno abbastanza crudele, insomma, almeno un po’ e almeno per me.
Come sapete, Formigoni, bontà sua, è rimasto in Lombardia, dopo sei mesi di finte e controfinte che nemmeno Ronaldo. Berlusconi, invece, ha dovuto cambiare casa, nella tarda notte di aprile in cui i voti per Prodi sembravano non bastare mai.
Nel frattempo, la Regione è invecchiata di un anno senza qualità particolari. Arturo Pérez-Reverte una volta ha scritto che non è importante che gli anni passino, ma è fondamentale darse cuenta che ciò accada. Non so se si può adattare questa riflessione ad un’istituzione, ma per la Regione il 2006 è passato così, quasi senza che ce ne accorgessimo.
Il 2006, del resto, è stato l’anno della sempiterna sconfitta milanese, l’anno della Cascinazza, quella che per noi è diventata la storia delle storie. E, per Monza, è stato un anno importante, che fa da preludio al 2007 delle Comunali, con un Faglia ancora più in forma di cinque anni fa.
E’ stato un anno in cui ho scritto molto (non solo delle ‘cose’ regionali), un anno in cui ho scoperto l’Africa (grazie a Felice e Mario), ho girato un documentario, “fatto cose” di molto interessanti e “visto gente” che lo è anche di più. Per tutti, ad esempio, prendo Arturo, un grande e appassionato collega.
Per gli juventini (anche in senso esistenziale, come credo di essere), è stato l’anno del ‘solito’ scudetto, delle invereconde telefonate e della serie B: e anche questo vorrà pur dire qualcosa. E, alla luce di tutte queste vicende, poteva anche chiudersi così, il 2006, che nessuno si sarebbe più di tanto lamentato.

E, invece, invece no.
Infatti, una sera di luglio, in Germania, ma anche in Italia, perché è successo in tutte le case di tutti gli italiani, Alessandro ha fatto gol. Un gol nel sette, come piace a lui, con la palla colpita ‘sotto’ che gira verso il palo lontano. Non era il gol decisivo: l’aveva segnato Grosso due minuti prima; non era un gol ‘solo’ di Alex: l’aveva inventato Gilardino, su passaggio di Totti e rilancio di Cannavaro; ma quello che forse non sapete è che Alex, entrato a fine partita senza grandi speranze, si è fatto tutto il campo per ricevere la palla nelle vicinanze della porta tedesca: una rincorsa lunghissima, che a rivederla al rallentatore, con la telecamera dall’alto, non sembra neanche vera. O possibile. Una corsa disperata e però lucida, iniziata nella ‘nostra’ area e conclusa in quella avversaria, come se Alex avesse sempre saputo che la palla sarebbe finita lì e che l’avrebbe poi mandata a segno con un tocco da campione.
Morale: bisogna crederci, anche quando la rincorsa è lunga, anche quando il periodo non è dei migliori, anche quando tutto sembra già finito.
Capita così anche a me, per quanto riguarda “i cavallier” e “l‘arme” e “l’audaci imprese”, certamente, ma anche per “le donne” e per “gli amori”, che non mancano mai. Prendete Lei, per esempio. Voi, che non sapete chi è, non potete capire. Ma non è colpa vostra: non riesco a capire nemmeno io. Forse è anche per questo che è a Lei che dedico il 2006: perché l’ha reso leggero e dolce, contro tutte le previsioni. Come spero che facciate anche voi, nel 2007, cari 25 e-lettori di questo blog. Per quel che mi riguarda, come sempre, farò del mio meglio. E se la rincorsa non dovesse andare a buon fine, comunque, ci avremo creduto. E alla fine (notare il futuro anteriore) avremo vinto noi.
Tanti cari auguri a tutti,
pippo

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