Alle falde del Kilimangiaro, a Lissone, tra cedri e metri cubi

Poteva mancare Lissone tra i «luoghi camuni 2006»? Certo che no. La mitica cittadina dell’arredamento è infatti al centro di polemiche e tensioni di non poco conto, in vista del rinnovo dell’amministrazione comunale previsto per il prossimo anno. Innanzitutto, si parla di cedri del Libano: due alberi di piazza Libertà che il Comune vorrebbe tagliare senza alcun motivo valido – se non quello di rappresentare, attraverso un labirinto di siepi, l’antica struttura della villa già sede del municipio. Due cedri diventati famosi, di cui si è occupata Licia Colò in diverse puntate della sua trasmissione, e che stanno diventando il simbolo di una politica molto poco ‘verde’ dell’amministrazione a guida leghista (il verde padano si conferma ancora una volta molto diverso dal verde ambientalista). Il sindaco Fossati spiega: i cedri non sono autoctoni e possono anche essere eliminati in ragione della loro «provenienza esotica»: a volte la realtà leghista supera la fantasia (e la satira). Come se altre essenze ‘brianzole’ non fossero di derivazione straniera, addirittura extracomunitaria. Pensiamo al gelso, il ‘moron’ da cui prese il soprannome, secondo un’etimologia tanto incerta quanto suggestiva, Ludovico il Moro: bene, il gelso è originario dell’Asia centrale. Oppure alla magnolia, che viene dall’America: siccome ne sorge una vicina ai cedri libanesi (hezbollah?), che facciamo, abbattiamo anche quella? Mentre il borgomastro s’interroga, in questo mite inverno lissonese, fioccano i metri cubi: 250.000 tra la città e la frazione di Santa Margherita, ad esempio, a tappezzare di cemento tutti i campi rimasti liberi lungo la Valassina. Sorge un comitato alla settimana – l’ultimo in ordine di tempo è rappresentato dagli abitanti della zona al di là del ponte – e si parla di numerose liste civiche pronte a dare battaglia alla giunta del cemento. Ne parleremo ancora di questa Lissone che abbatte gli alberi e li sostituisce con palazzi: una città che rischia di aumentare di 1/3 in pochi anni, grazie a una politica urbanistica che ricorda quella della ricostruzione post-bellica. La città del legno, degli alberi, del mattone, in cui i metri cubi arrivano a catinelle, come se piovesse (infatti, fuori, piove).

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