Formigoni in pompa magna ha illustrato alla stampa stamane il proprio piano per il federalismo, presentato con l’ampolloso titolo "Documento di indirizzo per l’avvio del procedimento di individuazione di ulteriori forme e di condizioni particolari di autonomia per Regione Lombardia ai sensi degli artt. 116, 117 e 119 della Costituzione". Com’era prevedibile si tratta di un documento di indirizzo molto vago, che in qualche cartella si limita a chiedere maggiori poteri alle Regioni in tutti i campi dell’amministrazione pubblica, dagli aeroporti all’amata sanità, dai giudici di pace alle infrastrutture, dall’energia alla sicurezza. Una specie di devolution leggera, light, che rinvia a una "più articolata e dettagliata Piattaforma" con la P ovviamente maiuscola, in cui Formigoni promette che chiarirà quello che intende per federalismo. "Il Consiglio regionale sarà protagonista in ogni fase del percorso" assicura il testo di Formigoni: ci si chiede se Formigoni, che il Consiglio lo ha sempre snobbato, abbia cambiato idea e se per l’occasione il Consiglio, appunto, sarà "protagonista" anche della redazione del nuovo Statuto, che si attende da tempo immemorabile. Insomma, non mi fido. Pensavo che il dibattito sul federalismo partisse dal Consiglio, non da una conferenza stampa di Formigoni. Speravo che si iniziasse a parlare di federalismo fiscale, innanzitutto, e non da un’enciclopedica rassegna di competenze e attribuzioni. Credevo che l’embrassons-nous di luglio desse luogo a scelte concrete. Per ora, al solito, mi tocca aspettare. La montagna della retorica autonomista ha prodotto un microscopico topolino federalista.

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