Pronti? E’ così che si conclude una delle più belle pubblicità mai girate sul calcio. Due bambini sudamericani fanno le squadre, come ha fatto ciascuno di noi migliaia di volte. E scelgono i campioni con cui giocare: spuntano allora i grandi del passato e i divi di oggi. Uno dei due fa gentilmente notare ai fuoriclasse che è lui a fare la squadra ed è, quindi, il capitano. L’altro chiama alla sfida e, finalmente, si può giocare. Era strano vedere questa pubblicità oggi, giorno dello scudetto della Juventus e forse del punto più basso e triste della sua storia. Vedere gli juventini festeggiare a metà, vedere Berlusconi chiedere giustizia, sentire amici interisti (i migliori) augurarsi con grande ironia di vincere lo scudetto grazie alle penalizzazioni dei primi della classe. Ha ragione Rivera: è una deriva materialista che viene da lontano e che ha immiserito lo sport più popolare. La stessa pubblicità, genuina e entusiasmante, reclamizza una multinazionale. E, allora, nello sconforto, salvo un’immagine: il boato commovente che ha accolto, guarda un po’, Alessandro Del Piero, il suo gol e la sua passerella in campo. Un anno passato tra sostituzioni, incomprensioni e lo schifo di questi giorni. E però anche un anno, il suo, di bel calcio. Si riparte da lì: per la Juve, intendo, e anche per qualcosa di più.

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