Sapessi com’è strano sentirsi valtellinesi a Milano

Sippor mi segnala una notizia che ha dell’incredibile. L’idea venne a Paolo Pillitteri nel dicembre del 1988. Figlio di partigiani valtellinesi, l’allora sindaco di Milano impugnò carta e penna e scrisse una lettera ai 3700 valtellinesi residenti nel capoluogo lombardo: “Caro amico, ho fondato l’Associazione Culturale Valtellinesi a Milano, che per il momento ha soltanto un nome e una sede”. Poi, nel febbraio del 1989, al Teatro delle Erbe di via Mercato si apre l’assemblea costitutiva alla presenza “di circa 600 persone in sala, numerose altre non hanno trovato posto e sono rimaste all’esterno, in strada”, come si legge nel verbale della seduta, che propone un elenco di nominativi per il consiglio direttivo: all’ultimo posto, in ordine alfabetico, il prof. Giulio Tremonti, originario di Sondrio. L’obiettivo dell’associazione, lo ricaviamo da una breve ricerca su internet, è quello di consegnare ogni anno il “Laveggin d’Or”, un riconoscimento che premia “un valligiano che, per capacità, intelligenza, e serietà, si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica lombarda e nazionale”.
Fin qui, niente di strano. Per i valtellinesi di Milano.
Ma fate adesso un esperimento: collegatevi al sito della Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia, www.famiglia.regione.lombardia.it. Sulla sinistra, il menù  tematico propone un elenco: famiglia, minori, disabili, anziani, stranieri. Stranieri, già di per sé, è un termine anomalo, ma soprassediamo. Non cliccate subito, provate prima a immaginare quali documenti potrete trovare nella directory: io, per la verità, cercavo materiale utile sul tema dell’immigrazione, leggi regionali, delibere, finanziamenti.
Ecco, invece ci ho trovato i valtellinesi, quelli di Pillitteri, quelli di Milano. E questo sì che è strano. Perché gli “stranieri”, è bene che si sappia, in Lombardia non sono i cittadini di una diversa nazionalità. Quelli sono gli “extracomunitari” e di loro si fa cenno per via di un rapporto Ismu pubblicato lo scorso anno e per un convegno che si è svolto nel mese di febbraio. Ma niente leggi, seppure ne esista una da quasi vent’anni, vigente ma non più finanziata dal 2000 e scomparsa dai documenti di programmazione economica, che anzi confermano un curioso scambio di identità. Con gli emigrati. I Lombardi nel mondo. Perché è di loro che si parla, nel menù Stranieri. Perché sono loro a godere di una legge regionale attiva, finanziata annualmente con circa 200mila euro. Perché nei bilanci di previsione regionali sono loro che hanno preso il posto degli immigrati, cancellati e sostituiti, al capitolo “Politiche di inclusione e integrazione sociale”, dai transfrontalieri, dagli emigrati e dalle loro famiglie. Perché è loro la Consulta regionale reinsediata il 28 aprile scorso. Bene, niente da obiettare sulla fortunata idea di vezzeggiare gli italiani all’estero, di questi tempi. Ma qualcuno mi deve spiegare, al di là del paradosso di voler includere gli assenti ed escludere i presenti, al di là della scelta discutibile di rimuovere il problema dell’immigrazione dai programmi regionali, che diavolo c’entrano i valtellinesi a Milano? Perché sapete, anche loro siedono nella Consulta regionale per l’emigrazione e hanno ricevuto soldi, dalla Regione, per le loro iniziative.
Mi chiedo, a questo punto, in quale circoscrizione abbiano votato, alle ultime elezioni politiche, i nostri stranieri valtellinesi, la nostra piccola enclave meneghina. Forse in quella europea. Probabilmente nei Grigioni. O in chissà quale altro Cantone di questa sorprendente metropoli.

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