Oggi il Corriere pubblica una mia intervista sulla presenza dei giovani in politica e nelle liste elettorali. Tanti hanno apprezzato, e li ringrazio. Altri non hanno perso l’occasione per attaccarmi, in nome di una sorta di malintesa ragion di Stato. Preciso che l’iniziativa non è partita da me, ma dalla redazione milanese del quotidiano, e che il titolo non è mio, né, credo, del giornalista che mi ha intervistato. Avrei tanto voluto dire che non è vero e che la lista vede la presenza di giovani, ma non è così. Speriamo che questo accada per il Comune di Milano, a partire da quel Majorino che vedrei volentieri insieme a Ferrante al governo della città. Qui di seguito, il testo dell’intervista di oggi. 

Cinquantaquattro anni e mezzo. Non è verdissima l’età media dei primi dieci candidati della Quercia in corsa per Montecitorio. Nulla di male, non fosse che sabato scorso Massimo D’Alema in un’intervista alla Stampa predicava la necessità di «lasciare spazio a una nuova generazione di dirigenti, più libera dalle vicende del passato e meno condizionata da antichi conflitti». Pippo Civati, 30 anni, alle scorse regionali ha portato al partito di D’Alema qualcosa come 20 mila preferenze nella bianca Monza.
Civati, diciamolo: i candidati proprio non appartengono alla «nuova generazione».
«È vero. Ma se lo fa dire a me, sembra che mi stia autopromuovendo».
Allora scriviamolo: la richiesta parte dal Corriere. Detto questo?
«Nella pratica vediamo un clamoroso fallimento di tutti i buoni propositi. Se poi ci confrontiamo con gli altri Paesi, il divario è tragico».
Come mai?
«Misoneismo, paura di perdere un po’ di potere, difficoltà nel comprendere i nuovi linguaggi… Non è strano: capita già a me di notare le differenze di espressione con i più giovani».
Però, anche il «giovanismo» può essere una forma di retorica. O no?
«Certo, se non si vedono assunzioni di responsabilità vere. Io sono uno zapaterista duro: il premier spagnolo ha nominato sottosegretario alla cooperazione internazionale una ragazza di 25 anni. Del resto, lui stesso è entrato nelle cortes alla stessa età».
Quale è il valore aggiunto di un politico giovane?
«Come dice D’Alema, c’è un minor condizionamento della storia. Soprattutto a sinistra, sappiamo da dove veniamo, ma non ce ne facciamo troppo condizionare. Ciò significa anche un linguaggio meno legato alla politica e più alla realtà. Si è più concreti. Ma esiste il rovescio della medaglia: si studia poco. La sensazione è che della cultura politica si possa fare a meno. E invece i vecchi e i nuovi testi vanno letti».
Dice D’Alema che la nuova generazione è più adatta a costruire il futuro partito democratico. È d’accordo?
«Un giovane diessino e un margheritino della stessa età hanno un linguaggio comune oggi molto più che un tempo. Detto questo, alle primarie ho visto un vecchio sindaco democristiano lavorare al seggio insieme con il comunista che lo aveva sostituito. E facevano almeno 150 anni in due».
Lei è stato votato da quasi 20 mila persone. Vien da dire che la gente si fida di lei molto più che non il partito.
«Attenzione, però: le ragioni dietro a un’elezione sono tante».
Ad esempio, il suo slogan «Che ci faccio alle nonne»?
«Guai a lei se lo ricorda. Però, dietro c’è un tema vero, l’alleanza tra generazioni. La freschezza e la novità funzionano, anche perché rompono certi schemi. Per contro, si corre il rischio della mascottizzazione».
Lei si sente una mascotte?
«No, perché poi ho scoperto che nella generazione dei padri e dei nonni c’è un grande interesse per i problemi dei giovani, è argomento che li preoccupa davvero. In questo senso parlavo di alleanza tra generazioni: il consenso non è solo adesione affettiva e benevolente».
La Lega ha parecchi dirigenti giovani.
«È vero, forse perché il partito non ha una storia poi lunghissima: gli stessi Salvini e Zanello sono dei veterani. Da noi il leader più giovane è Veltroni, che ha cinquant’anni».
A Milano ci sarà un candidato sindaco per il partito dei trenta-quarantenni.
«Mah, quella è una cosa a cui io non credo. Sembra un patto generazionale contro, mi pare abbia poco respiro».

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