Via Lecco

Fa un freddo boia a Milano. In via Lecco, poi, non parliamone. Lo sgombero predisposto dal nuovo prefetto (Lombardi, alla prima crociata) cade il giorno dopo il ponte natalizio, evidentemente per non disturbare lo shopping. Del resto uno sgombero poco si addice al clima natalizio, in cui ci si ostina a promuovere iniziative di solidarietà, a volersi bene, a ricordare la mangiatoia di un bambino “al freddo e al gelo”. Appunto. Verso sera, almeno per i bambini sgomberati insieme alle mamme, si è trovata una soluzione, grazie alla Croce rossa. Il metodo già non edificante è scaduto in un episodio davvero discutibile quando sono arrivati i muratori a murare la porta d’ingresso dello stabile. Nel frattempo, non un assessore, non un consigliere comunale di Milano a discutere, ragionare, mediare. Quando si dice la presenza delle istituzioni. Quanto al merito, non si tratta di essere dalla parte della legalità, o dalla parte degli occupanti. Il problema era ed è più complesso, e nella sua complessità, senza banalizzare situazioni così delicate, andrebbe interpretato. Leggere dell’esultanza della destra – quella nazionale e quella padana – per il ripristino della legalità, come se avessero sgominato la criminalità organizzata in tutta la città, fa male. Soprattutto se, come mi è capitato, ci si trovava in via Lecco, a osservare il destino di persone che non hanno fatto del male a nessuno. E sono soltanto capitate troppo a ridosso delle elezioni per essere aiutate come sarebbe stato giusto fare. Con l’equilibrio, la presenza istituzionale, la comprensione delle situazioni di emergenza. E certo con il ripristino della legalità. Quella che agli ultras della destra è cara soprattutto in alcune situazioni. In altre, in particolare quando si tratta di legiferare, molto meno.

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