Mal di Susa

Alla luce di quanto sta accadendo in Val di Susa, si capirà forse perché insistiamo tanto, qui in Lombardia, sul coinvolgimento delle realtà e delle comunità locali e ce la prendiamo con un governo regionale che sottovaluta puntualmente questo aspetto, fino a ridicolizzarlo. Primo, perché è logico e (democraticamente) giusto. Secondo, perché senza il coinvolgimento dei cittadini e dei loro rappresentanti istituzionali, tutto diventa più difficile. Terzo, perché le stesse grandi opere, con il contributo degli amministratori locali, possono essere realizzate meglio e risultare meno impattanti dal punto di vista ambientale. Il nostro territorio non è la bianca lavagna di Vespa, sulla quale tracciare più o meno verosimili rotte autostradali e ferroviarie. E’ un territorio ricco di specificità, spesso densamente popolato, a volte di pregio ambientale. Dimenticarsene porta a conseguenze rovinose, per il territorio stesso e per i committenti delle cosiddette grandi opere. Che rischiano di trovarsi con in mano un pugno di mosche: anzi, con un atteggiamento poco disponibile al confronto da parte degli uni si scatena il noto meccanismo del Not in my backyard! da parte degli altri. E la dialettica dello sviluppo è ormai troppo chiara per trincerarsi dietro le stentoree affermazioni à la Lunardi, secondo le quali il progresso non può perdere tempo a discutere con i sindaci di qualche paesino. Perché poi i sindaci ci rimangono male. E ci rimane male anche Lunardi. Non vorremmo che lo stesso succedesse qui in Lombardia, dove attendiamo da anni la realizzazione di opere spesso necessarie, il cui terreno – è proprio il caso di dirlo – va preparato. Prima di essere colti dal mal di Susa.

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