Pierfrancesco Majorino, trentadue anni, segretario cittadino dei Democratici di Sinistra di Milano, è uno dei protagonisti della vita politica della città da tanti anni, fin da quando creò la Giovane Giunta.

Ora approda alla narrativa con un testo duro e violento ma insieme delicato, che sceglie un personaggio scomodo come un carcerato per raccontare la vita. Non solo quella del protagonista: quella che sembra pulsare nei vari personaggi che questo libro ci presenta con una crudezza paragonabile solo all’apertura di senso a cui ci consente di accedere.

Majorino, con una prosa lucida eppure efferata, ci squaderna un vero e proprio aleph di punti di vista, di visioni, di ascolti, quasi a riassumere in una vicenda personale la situazione che si vive oggi in ciascuno di noi, alla ricerca di una colpevolezza che in realtà fa segno alle ragioni della colpa, in un passaggio che, dalla responsabilità del protagonista, svelata nel corso della trama, si estende a un dato più profondo, dal punto di vista sociale, ma soprattutto esistenziale.

“Si chiama sirena, si chiama caldo, si chiama sonno, si chiama con ogni nome di qualsiasi sesso che sia stato pronunciato, si chiama tutto ciò che noi cerchiamo”. Si chiama Majorino. E ha scritto un bel libro.

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