Veltroni su Repubblica dice che il Pd non è né innovativo, né di sinistra. Sembra la Margherita, dice.

Altri commentatori scoprono che dopo quattro anni vissuti pericolosamente il centro-sinistra (dove il trattino sta per «meno») non esiste più: come se avessimo dovuto attendere il secondo turno delle elezioni di Pistoia per comprenderlo. Prima nessun indizio. Zero.

Tutti caduti dal pero e forse anche dal mitico ulivo, citato in continuazione proprio mentre lo si segava con una passione che nemmeno Dexter.

Altri ancora spiegano che Renzi non deve inseguire Prodi o allearsi con Pisapia, perché «Renzi deve fare Renzi». Come se Renzi non avesse fatto Renzi, in questi anni, su tutto, senza ascoltare nessuno. Il centro-sinistra è morto. Una prece.

Martina, che è stato già veltroniano e bersaniano e infine renziano, spiega che si deve «leggere la complessità del passaggio» (verso un altro leader da sostenere?). Orlando riapre il congresso che ha appena perso esattamente su questo punto ovvero la negazione del centrosinistra che invece due mesi fa ha vinto largamente, nelle primarie del suo partito.

Ora, è tutto molto bello, ma il problema è ovviamente legato alle scelte politiche di questi anni, e anche allo stile, e al modo di gestire il potere, e financo di raccontare le cose. Non ci vuole il commissario Ingravallo per capirlo.

Faccio un esempio: mentre ci si accapigliava sui ballottaggi, è stata varata la «larga intesa» sulle banche da parte dello stesso governo (identico al precedente) che aveva rassicurato tutti sullo stato di salute delle banche italiane, invitando direttamente a investire in Mps, rinviando le decisioni a dopo il referendum (altrimenti lo avrebbero perso…), negando per anni tutto ciò che si sono poi ritrovati costretti a deliberare una domenica di giugno dell’ultimo anno della legislatura. E facendo pagare ai contribuenti le scelte sbagliate di un’intera classe dirigente, portandoci un po’ più vicini al baratro.

Per di più, oltre alla strategia (che era esattamente quella), si aggiunge la tattica di aver ingaggiato una rissa con il M5s su qualsiasi cosa capitasse, per poi chiedersi come mai i suoi elettori non corressero a votare il Pd al secondo turno. Veramente incredibile, non trovate?

Per non parlare del fatto che tutti i candidati sindaci renziani hanno preferito fare a meno del loro beniamino perché – a sentir loro – avrebbe fatto perdere loro voti e consensi: dalla personalizzazione alla spersonalizzazione. Il culto dell’impersonalità.

Infine tutti molto arroganti nella loro autosufficienza fino a quando i sondaggi li davano in testa – potrei citare molti casi, in proposito – e poi disperatamente alla ricerca di vecchi amici a sinistra tra primo e secondo turno.

Ora, possiamo tornare a parlare proprio di quelle scelte politiche da fare diversamente? In una forza di sinistra e di governo che non affronti in un modo così delirante le questioni? Proviamo a scrivere un manifesto politico e programmatico da condividere con le persone e a costruire qualcosa che abbia basi nuove? Associando chi condivide questa impostazione e mollando una volta per tutte quelli che non solo non la condividono per niente, ma addirittura la contrastano scientificamente?

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