Andrea Pertici mi ha fatto notare una cosa che davamo per scontata ma che in realtà ne spiega molte altre:

“Verdini chi?”. È con questa domanda che oggi rispondono dal Pd sulla condanna del senatore di Ala (ex Pdl, ex Fi) al quale il governo deve la sua sopravvivenza.
Si tratta di un copione già usato con Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia fino al giugno 2014. Anche di lui si affrettarono a dire che non era iscritto al partito (che pure lo aveva candidato e sostenuto – facendo parte dell’amministrazione – per quattro anni)… che non lo conoscevano, perché gli amici si vedono nel momento del bisogno. Il Pd no.

Ma tornando all’oggi, l’intervento da segnalare, nell’ambito della serie “Verdini chi?”, sembra quello del senatore Tonini sul Corriere della Sera, il quale dice, tra l’altro, che “Verdini è un senatore di un’altra formazione politica e non ha incarichi di governo”, ma che l’alleanza “è frutto dell’accordo stretto davanti a Giorgio Napolitano per appoggiare le riforme fra il Pd, tutto il Pdl di allora e i centristi. Napolitano accettò il secondo mandato proprio sulla garanzia che tutti avrebbero accettato le riforme”.
Ora, lo stretto collegamento tra l’elezione del Presidente della Repubblica e la formazione del governo Pd-Pdl-Scelta civica non ci sorprende (anzi, lo avevamo evidenziato in G. Civati – A. Pertici, Appartiene al Popolo, Melampo, Milano, 2014, p. 60 ss.), ma non era mai stato ammesso apertamente da un esponente politico così vicino al governo. Anche perché non rappresenta esattamente un percorso ordinato da un punto di vista costituzionale quello di scegliere congiuntamente il Presidente della Repubblica e il governo nonché un pezzo fondamentale del programma, rispetto ai quali ultimi (composizione politica e iniziativa programmatica) il candidato a vertice dello Stato – dice l’intervistato – avrebbe richiesto addirittura “garanzia”. Potrebbe essere, in effetti, un motivo di imbarazzo anche per il partito del senatore Tonini. Ma ovviamente non è e non sarà così.

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