Leggo molte agenzie oggi in cui gli esponenti di Sel e chi è appena uscito dal Pd dichiarano che avrei fatto male a non aderire al nuovo gruppo (che peraltro tutti presentano come un nuovo partito) e che prima o poi andrò «da loro» (espressione che fa già pensare a un’idea un po’ curiosa: non faremmo insieme, ma sarei io a andare a trovarli) o che addirittura io "rientrerò", bontà loro (ci mancava solo il paternalismo, ma segnalo che non devo rientrare anche perché sono esattamente dove ero prima).

Nel frattempo leggo che a Roma la questione dell’alleanza con il M5s viene ribadita un po’ da tutti gli esponenti del nuovo gruppo-partito. Se è una tattica, è sbagliata. Se è una strategia, non la condivido per niente. Proprio a Roma, poi, dove più che altrove i M5s sono parecchio maneschi e dove il «non siamo né di destra né di sinistra» significa che sono di destra. Sorprende soprattutto che chi all’inizio della legislatura si oppose al dialogo parlamentare, ora proponga direttamente un’alleanza politica.

Chiarisco per l’ultima volta: Possibile – che non è Civati, ma in Parlamento ha quattro parlamentari, con cui Civati discute alla pari – non ha aderito al nuovo gruppo perché non ne è convinto, perché non ne condivide i metodi, perché questa operazione ha già ingenerato le confusioni tra gruppo e partito che erano inevitabilmente in nuce.

Possibile ha una propria formula, proposta a tutti a maggio, e non prevedeva che qualcuno andasse dall’altro, ma che si costruisse una cosa nuova, dal basso, con i cittadini, a cui potevano aderire tutti quanti, anziani militanti e giovani socialisti (nel senso dei social), donne e uomini a cui non interessavano le burocrazie, ma le idee da far crescere insieme. Totalmente scalabile, anche quando di iscritti ce n’erano zero, perché il mio era appunto un modo per dire ripartiamo insieme.

Quando feci questa proposta dal Pd erano usciti solo Pastorino e il vostro affezionatissimo. Gli altri, che ora ci spiegano che cosa avremmo dovuto fare, non ancora. Rispetto il loro percorso, loro rispettino il nostro. E trovo legittimo che molti altri non abbiano sposato questo schema, per le ragioni più diverse, ma lasciateci provare. Grazie.

Possibile ha chiesto una sola cosa in questi mesi: che si andasse alle elezioni autonomi e separati dal Pd. Gli stessi che ora parlano di alleanza con Grillo non hanno mai escluso l’alleanza con il Pd. Se hanno cambiato completamente idea, va benissimo. Però segnalo che a Milano abbiamo perso sei mesi. E che in altre città il dibattito è ancora aperto.

In Parlamento e fuori insisteremo con la formula di Possibile, perché ci pare l’unica che possa funzionare, con tutte le correzioni del caso, ma senza rinunciare a fare le cose nel modo – per noi – migliore. Continueremo a chiedere uno schema di centrosinistra (o, meglio, che muova da sinistra per parlare a tutto il Paese), aperto e largo. Senza il Pd, che ha scelto un altro schema. Punto. Una proposta politica alternativa che utilizzi parole chiare senza insultare nessuno. Che abbia il coraggio sufficiente per navigare in mare aperto.

Crediamo in un progetto di governo che maturi nel Paese. In un’idea di politica che frequenti le piazze e condivida tutto quanto con i cittadini. Lo faremo con tutti coloro che si ritroveranno in quel progetto e in questa idea di politica. Che presenteremo a Napoli, a quelli che ormai sono 5000 iscritti. Comitato per comitato, persona per persona, che vengono da tutte le parti. E vogliono andare insieme. Non da qualcuno, per intenderci.

Senza polemica, però, per una volta, oltre agli altri che parlano di noi, diciamo qualcosa anche noi, se possiamo. Anzi, se è possibile.

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