È record: 33 fiducie in 300 giorni.

Una ogni 9 giorni. Praticamente ogni settimana.

L’ultima all’alba di ieri (alle 4.45 circa), in un Senato con molti assenti (162 favorevoli 37 contrari e un terzo a casa) sfibrato dall’attesa durata tutto il giorno del testo su cui votarla questa fiducia.

Un testo che, si può dire, nemmeno conosceva nella sua edizione finale e che ha votato sulla fiducia. Appunto.

Si tratta di un numero senza precedenti. Un record che fa impallidire quello di Monti (per non parlare del precedente di Letta) di cui avevamo già parlato qualche settimana fa sulla base del rapporto del Comitato per la legislazione, e su cui eravamo poi tornati a fronte di una tendenza (ancora) in crescita, evidenziando come alla patologia dell’annuncite si fosse ormai aggiunta quella della fiducite. Nel frattempo però quel record è stato di nuovo superato. E lo sarà ulteriormente.

Lo dichiara – senza pudore – il Premier a Radio 105: le fiducie? «aumenteranno anche in futuro».

Ecco. Il Parlamento si metta l’animo in pace, anche prima di essere definitivamente marginalizzato dalla riforma costituzionale (oltre che da quella elettorale), che prevede tra l’altro la possibilità del Governo di imporre i tempi della decisione parlamentare, è destinato a non contare niente.

Come hanno visto molto bene, appunto, ieri l’altro i senatori per legge di stabilità, a proposito della quale tutto il lavoro svolto dalla commissione bilancio è stato liquidato da un testo rielaborato dal Governo con frettolosa arroganza (e vedremo se davvero sono scomparse le cosiddette “marchette”) e sul quale è stata chiesta una fiducia praticamente al buio.

Il testo, di ben 755 commi (in omaggio alla semplificazione), è stato infatti distribuito ai senatori solo poche ore – notturne – prima del voto di fiducia. E si continuerà così. Anzi, si andrà oltre.
Perché il Parlamento, altrimenti, frena. Se dice la sua rischia di bloccare le riforme. Quali che siano. Purché siano del Governo, naturalmente.

Chi non segue – ormai si sa – è un frenatore e uno scissionista (chi invece segue, anche se si scinde, è un salvatore della patria, anzi della nazione). E allora il Parlamento taccia (si noti l’ossimoro, la figura retorica di questa legislatura). E voti – sulla fiducia – i “pacchetti” (questo il termine ricorrente) confezionati dal Governo. Che non avendo evidentemente fiducia (nei parlamentari che lo sostengono, certo, ma neppure troppo in se stesso e nella bontà delle proprie proposte, pare), la chiede di continuo.

Proprio come gli insicuri, che non vogliono mai ascoltare nessuno, ma hanno sempre bisogno di chiedere un’attestazione di fiducia.

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