L’acqua è stato tema referendario in Lombardia, prima che lo diventasse a livello nazionale.

Nella precedente legislatura, quella che si concluse nel 2010, un lungo lavoro di mediazione tra più di cento amministrazioni comunali – che avevano presentato un quesito referendario simile a quello che si sarebbe poi votato a livello nazionale – e la giunta regionale, aveva fatto emergere una questione politica e amministrativa fondamentale.

Con il referendum nazionale, il tema è tornato di grande attualità per i cittadini, ma purtroppo ancora troppo poco per la politica nazionale e, soprattutto, regionale. Nel rispetto di quel voto e del suo significato profondo e con l’esigenza di offrire il miglior servizio ai cittadini, alcune scelte sono decisive. Le elenchiamo qui di seguito, nella speranza che nella prossima legislatura si riesca a definire un quadro estremamente complesso (per non dire confuso) sotto il profilo legislativo e amministrativo.

A vent’anni dall’approvazione dalla legge Galli, e prendendo atto del suo sostanzialmente fallimento (applicativo), vale la pena salvarne un principio, largamente disatteso: il servizio idrico integrato deve essere organizzato sulla base dei bacini idrografici, andando ad invidivuare quelli ottimale per la gestione complessiva e sostenibile della risorsa acqua. È all’interno dei bacini, e non su base di suddivisioni amministrative (gli Ato odierni che ricalcano i confini provinciali), che è possibile individuare e realizzare gestioni ottimali.

Definire i bacini ottimali di servizio su base idrografica, ci permette anche di immaginare che i gestori unici individuati abbiano la stessa dimensione di questi bacini. Ciò significa, almeno per la Lombardia, fermare il processo di aggregazione tra gestori e utility in corsa, salvaguardare alcuni soggetti gestori pubblici (società per azioni a totale controllo pubblico) esistenti e operanti, provare ad immaginare forme di gestione “alternativa” (cooperazione tra utenti, in collaborazione con amministrazioni locali) in quei territori montani che hanno una tradizione di questo tipo (acquedotti costruiti in cooperativa, ad esempio).

L’esposizione debitoria di A2A, gestore del servizio idrico integrato in alcune città lombarde (direttamente o attraverso società partecipate) impone una riflessione anche sulle modalità di finanziamento degli investimenti in rete. Alcune idee: finanziamenti a tasso agevolato per le società di gestione dei servizi pubblici locali, veicolati attraverso Finlombarda ad esempio; emissione di buoni locali di scopo, con cui richiamare anche i cittadini a partecipare al finanziamento delle opere sulle rete idrica (in particolare, fognature e depurazione); finanziamenti a tasso agevolato da una “nuova” Cassa depositi e prestiti (percorso verso una nuova finanza pubblica, in essere all’interno del Forum italiano dei movimenti per l’acqua).

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