Vi avevo chiesto di attendere la fine della campagna elettorale, senza poter immaginare che subito dopo ne sarebbe iniziata un’altra.

Vi avevo dato come scadenza – ora e sempre, resistenza – il 25 aprile.

Ora sono qui a chiedervi di provare a lanciare una sfida difficile e a partecipare alla ricognizione lanciata molto tempo fa, in vista del Congresso del Pd e della nuova segreteria.

Se mi candido, non è certo per condurre una sfida solitaria. Anzi. Se lo faccio, è per dimostrare che, insieme, possiamo dimostrare che il Pd che abbiamo visto in questi giorni non è il Pd, ma un’altra cosa. Una somma di persone e di destini che prescindono volutamente dalle persone e dai destini loro e del Paese, per occuparsi esclusivamente di se stessi.

Chi vuole partecipare, scriva, come sempre, a civati chiocciola gmail punto com.

Sei mesi fa, il Pd non era in pericolo, non si parlava di dividere il centrosinistra, non si immaginava la fine della storia dell’Ulivo (sancita venerdì scorso, con la mancata elezione di Prodi), non si credeva possibile che tutto si rovesciasse: dal governo del cambiamento alla formula odierna, parecchio restauratrice, dagli elettori delle primarie ai capibastone di sempre, dal tramonto di Berlusconi al suo ritorno, suggerito, di fatto, da noi stessi.

Motivi per credere che oggi sia ancora più difficile di allora, ma ancora più appassionante e doveroso.

Ne ho parlato, ieri sera, con Fabrizio Barca, nella sede storica dei Giubbonari: l’ultimo regalo che possiamo fare a tutti quanti i nostri avversari (sempre che lo siano ancora) è quello di dividere il Pd. Di augurarci che qualcun altro (ancora?!) esca. Di sollecitare scissioni auto-provocate e equivoci cercati scientificamente.

Il problema non è far uscire le persone, dal Pd. Il problema è farcele entrare. E trovare, insieme, leader e follower, un nuovo metodo, un nuovo linguaggio e nuove figure che li sappiano interpretare.

Siete i benvenuti. L’importante è che siate più di 101. E ho detto tutto.

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