Noi ripartiamo da Canossa, Michele Ainis da qui.

Insomma la fortuna dei partiti coincide con uno specifico modello di democrazia, quella rappresentativa; e infatti la loro disgrazia adesso si riflette sulla crisi di legittimità delle assemblee legislative. Può darsi che a lungo andare questo processo riporti in auge la democrazia diretta cara agli ateniesi, la democrazia dei cittadini. Non sarebbe affatto una sciagura. E dopotutto la democrazia ha la caratteristica di reinventarsi di continuo, come ha scritto Pierre Rosanvallon. D’altronde già adesso la politica s’esprime al di fuori dei partiti. Con le liste civiche che fioccano in ogni elezione locale, dove conta la faccia, non la bandiera. A livello nazionale, con la corsa a firmare i referendum. Oppure con le manifestazioni organizzate attraverso i social network, come quelle del popolo viola. Ma già all’alba degli anni Settanta il movimento femminista cambiò i costumi occidentali senza una vera cabina di comando, senza portavoce eletti in Parlamento, in breve senza costituirsi in partito. C’è però un’alternativa al suicidio dei partiti: la loro quarta stagione. Se adotteranno un corpo più leggero. Se accetteranno di diventare partiti porosi, permeabili rispetto ai cittadini. Se sapranno svolgere un ruolo concorrente, anziché da mattatori della scena pubblica, come del resto vuole la Costituzione. Una cosa è sicura: questo non è più il tempo della manutenzione. E’ tempo di ristrutturazione.

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