Ci sono libri belli e preziosi che sono anche accessibili e immediati: è il caso di Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà di Tomaso Montanari. Lo pubblica Minimum Fax e ve ne consiglio vivamente la lettura.

Nel libro troverete cose antiche, fuori moda, lontane anni luce dalla demagogia che si respira in ogni momento della giornata pubblica e felicissime intuizioni su ciò che potremmo essere (e non siamo).

Un futuro in cui lo ius soli sia da intendersi in senso culturale, e riguardi proprio il suolo, ad esempio, quel territorio largamente devastato.

Un futuro in cui si scoprano i modelli da seguire (anche se magari dobbiamo andarli a cercare in Molise, a Venafro, come Montanari invita a fare, presentando le politiche museali che funzionano).

Un futuro in cui la cultura non sia paragonata al petrolio (la peggiore metafora degli ultimi tempi) e, aggiungo io, magari sia associata all’acqua pubblica, nel senso della suo essere fondamentale, universale, patrimonio di tutti.

Un futuro in cui tutela si traduca in conoscenza e consapevolezza di ciò che abbiamo, ma soprattutto di ciò che siamo.

Un futuro in cui l’Italia sia semplicemente l’Italia.

Una questione generazionale, scrive Montanari, nel suo senso più pieno:

Nel patrimonio culturale è infatti visibile la concatenazione di tutte le generazioni: non solo il legame con un passato glorioso e legittimante, ma anche con un futuro lontano, «finché non si spenga la luna». Sostare nel Pantheon, a Roma, non vuol dire solo occupare lo stesso spazio fisico che un giorno fu occupato, poniamo, da Adriano, Carlo Magno o Velázquez, o respirare a pochi metri dalle spoglie di Raffaello. Vuol dire anche immaginare i sentimenti, i pensieri, le speranze dei miei figli, e dei figli dei miei figli, ed di un’umanità che non conosceremo, ma i cui passi calpesteranno le stesse pietre, e i cui occhi saranno riempiti dalle stesse forme e dagli stessi colori. Ma significa anche diventare consapevoli del fatto che tutto ciò succederà solo in quanto le nostre scelte lo permetteranno.

Dipende e dipenderà da noi, insomma, saper trasmettere la bellezza che abbiamo ereditato. Per farlo, non dobbiamo dimenticarci che cultura e democrazia sono sorelle. Averle separate, in questi anni stupidi, ha provocato disastri a entrambe. E la sensazione di vivere in un posto, senza rendersi conto nemmeno di ciò che abbiamo intorno. E di ciò che siamo diventati.

Montanari parla di patrimonio culturale e ne parla in un senso intimamente (e correttamente) politico, come da anni non succedeva. Forse è anche dalle sue parole che si può ripartire, se si vuole un cambiamento vero, sostenibile e duraturo.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti