Con questa battuta del prof. Andrea Pertici si compie la giornata più nera, in cui tutto il peggio che avete visto in questi anni si riassume e si ricapitola. Corsi e ricorsi, dalla riforma costituzionale bocciata il 4 dicembre 2016 all’Italicum dichiarato incostituzionale dalla Consulta, in una legislatura che ha visto la maggioranza che continuava a cambiare e a trasformarsi adottare tutte le scorrettezze possibili: i canguri, le sedute-fiume, i voti notturni, le accelerazioni brutali e immotivate, per ritrovarsi a pochi mesi dal voto a approvare così una legge elettorale piena di contraddizioni e di difetti, tutti interessati.

Del Porcellum il Rosatellum conserva lo spirito e alcuni aspetti tecnici, che riesce addirittura a peggiorare (soprattutto quando immagina coalizioni fittizie, in cui ciascuno mantiene il proprio programma e il proprio «capo», scritto così, come già nell’Italicum, per ripartirsi i voti di chi supera la soglia e anche di chi non ce la fa).

Il voto non è libero, è doppiamente bloccato, così come lo è stato il modo con cui si è inteso approvarlo, senza la possibilità di discutere e votare gli emendamenti, senza intervenire sulle storture più clamorose, senza poter nemmeno provare a migliorarlo.

Una maggioranza di partenza larghissima, che conta su un vantaggio di più di duecento voti (un’enormità), con un gruppo che ha praticamente la maggioranza da solo (!), che preferisce per la seconda volta la scorciatoia del voto di fiducia, chiesto da un governo che aveva fatto la promessa-bugia di non interferire nel dibattito parlamentare sulla legge elettorale.

Ecco, in tutto questo, unica piccola nota positiva che, oltre allo spicchio dell’aula del M5s (che, c’è da dire, aveva sostenuto il Tedeschellum poi fallito), c’era un altro spicchio che si è opposto, quello della sinistra, per la prima volta unita in una battaglia parlamentare. Un segnale che da qualche parte si può ripartire. Senza trasformismi, senza compromessi, senza schifezze.

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