Mi ha molto colpito il riferimento continuo alla pace nella comunicazione delle istituzioni catalane nelle ore e nei giorni successivi all’attentato della Rambla.

Un insistito riferimento alla pace, in ogni dichiarazione, a ogni presa di parola.

Ada Colau per prima, ma anche il presidente Puigdemont: “Catalunya ha estat, és i serà, terra de pau. Terra de benvinguda. I no deixarem que una minoria acabi amb la nostra manera de ser forjada al llarg dels segles. Els catalans hem estat, som i serem gent de pau i d’acollida (La Catalogna è stata, è e sarà terra di pace. Terra di ospitalità. Non permetteremo che una minoranza ponga fine al nostro modo di essere forgiato nel corso dei secoli. Noi catalani siamo stati, siamo e saremo persone di pace e di accoglienza).”

La pace e l’ospitalità come tratto identitario, potremmo dire, rovesciando il luogo comune legato all’identitarismo come elemento di esclusione e di chiusura. L’identità di Barcellona, nelle parole dei suoi dirigenti, espressione di parti politiche diverse, è la pace, unita ai termini “benvinguda” e “acollida”. Ospitalità e accoglienza.

La piazza del giorno dopo ha allontanato i fascisti, e sono stati i cittadini, i “vicini” a pretenderlo: la piazza della pace non può tollerare i fascisti.

E allora ho pensato che dobbiamo tornare, immersi come siamo nel mare di fango, a parlare di pace, di disarmo, di sicurezza fatta di intelligence (in cui meno armi sono in circolazione tra i privati, meglio è), di senso delle istituzioni, di valori e riferimenti costituzionali (che contengono diritti e doveri), di antifascismo come resistenza alla discriminazione, al razzismo, al sessismo, alla violenza verbale e fisica di ogni genere e tipo. E mentre altri evocano il ricorso alla tortura (come ha fatto un esponente della destra), altri strumentalizzano il terrorismo confondendo le acque già confuse e melmose, noi dobbiamo provare a fare l’opposto. E a fare opposizione.

Sembra una scelta rétro, perché dice che non ce n’è bisogno. E invece ogni giorno, sulle pagine dei social, nelle conversazioni da bar, in una strada di Fermo, su una spiaggia sarda, su un pullman di Rimini, ci rendiamo conto che di bisogno ce n’è eccome.

Per questo, con Possibile, abbiamo scelto di lanciare una campagna contro il razzismo, l’odio e la violenza di ogni tipo, e abbiamo aperto un gruppo Facebook collegato ad essa. Siete tutte e tutti invitati a partecipare e contribuire.

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