Vittorio Cogliati Dezza ha curato per Legambiente una pubblicazione preziosa, Alla scoperta della green society (Edizioni Ambiente): una rassegna del cambiamento che si impone ogni giorno in Italia – nonostante la politica, verrebbe da dire – sotto il profilo ecologico, comunitario, d’iniziativa dei cittadini.

Buoni esempi e buone pratiche, nuovi modi di vivere, di muoversi, di abitare promosse da cittadini che non hanno rappresentanza politica nazionale e si sono abituati a non averne. Senza rassegnarsi, però: fanno da soli (e con le loro comunità), ottenendo importanti risultati, dimostrando che il cambiamento è possibile e consente risparmi, riduce l’inquinamento, crea lavoro e apre anche a nuove prospettive industriali.

È un movimento che si organizza in modo orizzontale, è «pulviscolare», non ha una guida, né un unico riferimento. Interpreta la grande transizione immergendosi in essa, nelle sue contraddizioni e nelle sue potenzialità, con strumenti a volte artigianali, a volte tecnologicamente avanzati, comunque sofisticati.

Il punto politico è ovviamente quello di generalizzare queste esperienze, ma anche qualcosa di più. Detta con parole semplici, l’obiettivo è quello di creare un ecosistema, economico, amministrativo, burocratico, perché questa creatività e questo nuovo popolo (secondo una definizione filosofica) veda valorizzate le proprie sperimentazioni, trovi diffusione alle proprie iniziative, non incontri soverchie difficoltà nel realizzarle e nel realizzarsi.

A una nuova modalità di mobilitazione deve corrispondere una nuova modalità di rappresentanza. Dove contano le bandiere, certamente, ma molto di più la cultura politica, il modo, la scelta degli argomenti e delle parole. E, soprattutto, la capacità di comprendere queste trasformazioni e mettersi a disposizione di chi ne è protagonista.

Penso all’autoproduzione di energia, per esempio, da sbloccare (finalmente). O alle politiche per i rifiuti, sottoposte ancora a logiche di una generazione fa. O ancora all’obsolescenza dei prodotti, che dovrebbe essere sanzionata nel momento stesso in cui è programmata (e favorito, invece, chi aggiusta, chi ripara, chi rinnova).

Ecco la forma di rappresentanza più preziosa, da offrire all’Italia. Perché il nostro paese dovrebbe preoccuparsi di questo: non solo per evitare di frustrare le aspettative e le aspirazioni di chi si muove nella direzione giusta, ma anche e a maggior ragione per dare sostanza a questa consapevolezza che si estende, e che può diventare un modo (nazionale) di affrontare il nostro futuro, di diffondere benessere e anche ricchezza.

Se la politica vuole ritrovare se stessa, prenda spunto dalle pagine di Cogliati Dezza. Colga l’innovazione delle proposte e del metodo con cui sono sviluppate. Trasformi quelle comunità in una grande comunità nazionale che coopera. Per evitare di finire sott’acqua, per non perdere altre occasioni, per costruire una nuova politica industriale, partecipata e diffusa, di lavoratori e consumatori, che ci consenta di evitare di diventare un paese fossile, come lo sono state finora le scelte, in campo ambientale, delle sue classi dirigenti.

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