Come già per Exit West (di cui ho scritto qui), consiglio vivamente la lettura de La storia delle api di Maja Lunde (Marsilio). Due libri che, sotto molti aspetti, si assomigliano.

Il gioco di parole viene facile, perché l’autrice si chiama Maja e le api del libro sono profetiche e annunciano, con la loro progressiva scomparsa, la fine del mondo (solo?).

È una storia che attraversa i secoli, dal 1852 al 2098 passando per il 2007, tra Inghilterra, Stati Uniti e Cina e che racconta, attraverso le vicende dei suoi protagonisti, il rischio abissale che corriamo ogni giorno, mentre ogni volta che ci parlano di questi argomenti ci voltiamo dall’altra parte. Con qualche fastidio, perché preferiamo non pensarci: del resto abbiamo già molti problemi, pensieri, preoccupazioni per porci il problema delle api, del riscaldamento globale, del lento declino del nostro ecosistema, del pericolo che corre la nostra specie e, per responsabilità della nostra specie, il destino delle altre e dell’intero pianeta.

Una sorta di «cupio dissolvi», solo trasferito alle prossime generazioni, a chi verrà dopo di noi (e non pensiamo che si tratti di migliaia di anni: nel libro si parla di chi verrà immediatamente dopo di noi). Un atto di irresponsabilità universale, insomma, a cui Lunde dedica un romanzo sapiente, che si legge come un giallo di cui però si conosce fin dalle prime pagine il colpevole: noi stessi. Alla ricerca di una soluzione che arriverà solo se ci porremo il problema. Senza perdere altro tempo.

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