La decisione folle di non consentire alla Camera dei deputati la tradizionale settimana di pausa per gli ultimi giorni della campagna delle elezioni amministrative per discutere della legge elettorale mi impedisce di partecipare alle iniziative programmate a Asti e Cuneo e L’Aquila.

Sono dispiaciuto e amareggiato, non solo per ragioni organizzative, evidentemente.

La fretta di affermare una linea politica di maggioranza – che contraddistingue questa legislatura e che ha portato solo a rinvii e quindi a dover rifare le cose – ancora una volta supera il dato democratico.

Non è servito a nulla aver votato la riforma costituzionale poi bocciata dai cittadini e l’Italicum poi dichiarato incostituzionale con le sedute-fiume, la fiducia, i canguri, le ‘oltranze’, gli ultimatum, le scadenze immediate e inventate.

Tempi ristretti e ristretta la visione. Una fretta assurda e del tutto immotivata che ha portato a dover rifare tutto quanto, ma che non sembra aver insegnato nulla a nessuno. E infatti ci troviamo qui, cinque anni dopo, a dover votare la legge elettorale, di nuovo.

La novità del momento è che la decisione di votare tutto la prossima settimana è condivisa da quasi tutti: Pd, ovviamente, Fi, Lega e anche M5s, a cui peraltro va bene una legge elettorale in cui tutti i candidati sono bloccati e di fatto tutti nominati e decisi dai partiti.

 

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