Trovo il mio nome in un pezzo sul Corriere in cui si dice che farei parte di una «Santa Alleanza» (al massimo «laica», per come la penso) con gli altri partiti della sinistra, definita la sinistra dei «rancorosi», evidentemente diversa da quelli che non lo sono.

La terminologia è renziana, renzianissima. Gufi, rosiconi e ora rancorosi.

Tocca precisare che: l’alleanza che da due anni propongo non è santa, ma laica. Non è una somma, né un tavolo, né un accordo, ma è un processo che si fonda su due elementi fondamentali: il progetto – Manifesto – e la mobilitazione, che significa che i candidati si decidono nelle città e nelle province italiane, non sull’astronave della politica romana. Due anni che lo dico. Due anni che propongo soluzioni unitarie e però autonome. Due anni. E, se permettete, due coglioni (termine tecnico) doverlo scrivere tutti i giorni.

Possibile nasce per questo, come invito a condividere tra tutti, tenendosi i propri simboli (a cui nessuno rinuncia, al massimo nel caso opta per la scissione), una comunità di persone che si trovino intorno a un manifesto. E siccome cerchiamo di fare quello che diciamo, lo abbiamo fatto ogni volta che abbiamo potuto. Prima che chi ci spiega come fare uscisse dalla maggioranza, o abbandonasse Renzi, ecc.

Ora si dice, mollando Renzi ma conservandone il linguaggio, che saremmo «rancorosi». A questo punto è il caso di ammettere che abbiamo fastidio, sì, ma non verso le persone (chi attacca le persone non siamo noi, com’è noto, ma chi ne ha fatto un metodo universale del proprio modo di fare politica), ma verso alcune cose di una certa importanza.

Rancorosi verso un certo tipo di linguaggio. Verso la propaganda. Verso i trucchi. Verso le disuguaglianze. Verso le cose contrarie alla Costituzione. Verso la subalternità a chi comanda (che sta sopra alla politica). Verso i ghirigori. Verso le etichette che non significano nulla. Verso le promesse tradite. Verso i salti logici. Verso i trasformismi. Verso ricette esauste e soluzioni di comodo. Verso i politici classisti che difendono privilegi sproporzionati perdendo tutta la credibilità. Verso il provincialismo di chi non vede la proporzione dei fenomeni. Verso il razzismo. Verso il fascismo. Verso la sinistra che si fa destra senza essere mai ricambiata.

Per tutto il resto, ho sempre diffidato della parola «identità» (a proposito di identitarismi) perché non mi è mai piaciuta la parola, né il senso di chiusura che porta con sé. Né penso, come ho detto e ripetuto mille volte, che le questioni si risolvano all’interno del ceto politico (di cui fanno parte da sempre anche quelli che pare siano degli alieni, da come parlano).

Chiedo due cose due: il Manifesto e la mobilitazione, che non c’entra proprio niente con quello che c’è già. Il nostro è tuttaltrismo, come abbiamo detto mille volte.

Ok?

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