Quali sono esattamente i privilegi dei «politici», messi sotto accusa con furia incessante dal Movimento 5 Stelle? Una domanda tanto più sensata in quanto non mi sembra proprio che i «grillini» siano contro i privilegi in generale. A quel che risulta, infatti, nulla di simile alla polemica contro i privilegi dei «politici» è stato mai dispiegato dai «grillini» contro quelli che sono indubbi privilegi di altre categorie. Per esempio contro gli emolumenti elevatissimi di alcuni alti dirigenti di pubbliche amministrazioni o contro una legislazione tributaria le cui maglie larghe favoriscono l’elusione fiscale e/o le grandi ricchezze. La polemica del Cinque Stelle, insomma, non nasce in alcun modo da un’esigenza di «uguaglianza» i perlomeno di «giusta misura». Il suo obiettivo non sono i privilegi, sono i privilegiati.

Galli della Loggia, oggi, sul Corriere. L’editorialista prosegue spiegando come ci sia una voluta confusione tra i «parlamentari» e i «politici». E ha ragione perché l’equivoco è molto pericoloso: vale solo la pena di notare che in occasione del referendum costituzionale a fare quella confusione fu il fronte del sì, con gli indimenticabili manifesti sei metri per tre in cui si parlava proprio dell’eccesso di «politici» da ridurre.

Il privilegio è la legge scritta per qualcuno in particolare. E scritta da qualcuno in particolare. Secondo il dizionario Treccani, alla luce della sua etimologia, si può parlare di una «disposizione che riguarda una persona singola» (privus nel significato originario di «singolo, particolare» e lex che sta per legge).

Mentre Galli della Loggia si inalbera, sulle pagine del suo giornale la «casta» è da dieci anni un argomento da copertina e da titolo di apertura e in questi giorni sulle pagine dei concorrenti è tutto un susseguirsi di improbabili interviste di chi prende la pensione da anni per avere partecipato a cinque (5) sedute del consiglio regionale a cui era stato eletto, a ex-parlamentari che non saprebbero dove sbattere la testa senza la lauta pensione, a storie in cui a ogni parola prevalgono i fatti propri sugli interesse del Paese.

Certo che c’è ben altro di cui parlare, ovviamente. E nessuno vieta che si attacchino tutti i tipi di privilegio, nel paese in cui la categoria assume una vastità enciclopedica. Certo che ci si dovrebbe esimere da un duro contrasto all’evasione fiscale, ma ciò non toglie che si debba intervenire anche su questa partita. Proprio in ragione di quella «giusta misura» e di quell’esigenza di «uguaglianza» di cui parla Galli della Loggia.

I privati cittadini non godono della stessa norma dei parlamentari e quindi dello stesso trattamento pensionistico. Questo è il punto. Piccola cosa, eppure grandissima, proprio perché sono i parlamentari a fare le leggi. E quindi a «discriminare». Pensando a se stessi in modo diverso dagli altri.

Intervenire in modo serio e non con un colpo di teatro, come ha fatto recentemente la maggioranza (con una delibera, peraltro, dopo aver dichiarato per settimane che la delibera era strumento totalmente inadatto per affrontare e risolvere la questione), sarebbe giusto. Per ragioni di ordine morale, legislativo e politico. Sotto ogni profilo. Che parlamentari e cittadini vadano in pensione alla stessa età e che si introducano le doverose correzioni a ciò che è già percepito come pensione, sarebbe un modo per affrontare una questione che riguarda la natura stessa della legge.

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