Allora, ricapitolando, a poco a poco la diaspora dal partito del governo che il vostro affezionatissimo denunciava fin dal 2014 si sta materializzando. Per la verità si era materializzata già tra gli elettori ed era già esplosa alle Amministrative e in occasione del referendum, ma si sa: il ceto politico muove sempre sul far del tramonto.

E così anche chi difendeva la «ditta» si è delocalizzato.

Il Pd è sempre più Pdr e così sarà anche in occasione delle primarie prossime venture, tanto che ci si attende un nuovo picco scissionistico per il 1° maggio. E se ne attende un altro subito dopo le Amministrative. Una diaspora che si traduce ogni giorno di più in una lunga scia di abbandoni e di rinunce.

Ora, come forse sapete, la mia proposta è che tutti quelli che si sono resi conto, con calma, della deriva che prima negavano, si diano appuntamento per provare a concepire qualcosa di autonomo e di unitario. Che non viva di tattica ma che abbia una propria strategia. Prima di tutto culturale, e poi politica, e poi elettorale. In questo ordine.

Lo so che è difficile, ma credo sia un obiettivo necessario, quello di provare a trovare una via, che non coincida con quelle già battute. Un invito rivolto a tutti e in particolare a chi ha avuto già molte responsabilità.

Come diceva quella canzone, ci vuole passione e – anche e soprattutto – molta pazienza.

Alle prossime elezioni il contatore si azzererà e come già in altre occasioni saranno premiate proposte nitide, comprensibili e autorevoli, grazie a un connubio tra politica e società, il più rappresentativo possibile.

In uno schema laico e repubblicano, che difenda e promuova le istituzioni e la Costituzione, che abbia un discorso sull’Europa e sul mondo non riducibile alle furiose ma esauste tifoserie attuali.

Ce la faremo? Dipende da voi.

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