castissimo

Su Repubblica, giornale molto vicino al premier, oggi leggiamo che al premier «non interessa più coprirsi a sinistra» (sai che novità) e che punterà tutto sui messaggi anti-casta.

Ora, non possono non sorgere spontanee alcune considerazioni.

La prima: il premier fa parte della cosiddetta “casta”, come molti altri “grandi elettori” delle riforme. Giorgio Napolitano fa abbastanza parte della “casta”, che cosa ne dite? Lo stesso vale per Luciano Violante e per molti altri promotori del sì. Ex-segretari di partito se ne contano in entrambi gli schieramenti, con una certa prevalenza nel fronte del Sì. Casti tutti quanti, però se si usa l’argomento si dovrebbe stare più attenti. Anche tra gli ex-premier c’è chi come Letta vota sì, per intenderci. Anche se si fa finta che Letta non sia mai esistito (et pour cause).

Poi è vero: D’Alema è per il No, ma i più autorevoli dalemiani sono per il sì. Bersani è per il No, ma tutti i bersaniani eletti in Parlamento hanno cambiato casacca, ministri compresi. Lo stesso vale per Monti. E per lo stesso Berlusconi. Diciamo che certa propaganda anti-casta addita molti di loro come sostenitori del No, ma si dimentica i castini che li hanno sempre seguiti e che ora sono per il Sì.

Non solo: alla “casta” della politica pare si sia abbracciata anche la “casta” dei grandi poteri, se è vero che ieri sera in tv scorrevano le immagini di un Boccia più renziano di Renzi.

In secondo luogo, l’occasione per essere anti-casta – nell’accezione più diffusa del termine – governo e maggioranza l’hanno avuta e l’hanno persa: si tratta della discussione sulle indennità dei parlamentari, che non hanno voluto affrontare. Né ora che siamo in campagna referendaria né prima, in questi lunghi anni di governo. Eppure c’erano proposte misurate come la nostra, in campo, e si poteva intervenire. Ma evidentemente si è anti-casta, ma solo fino ad un certo punto.

Da ultimo, ma per primo: staremmo discutendo della Costituzione, non di una becera campagna elettorale. Peraltro, staremmo discutendo – secondo il mainstream – di una riforma che i suoi sostenitori vorrebbero fosse concepita come «baluardo contro la demagogia e il populismo».

Ora, se è lo stesso baluardo a fare demagogia, a invertire gli elettrodi dei costi della democrazia e quelli della politica, a furoreggiare contro i «politici» e contro la «casta», mi spiegate perché ci si dovrebbe rifugiare nella demagogia del sì come antidoto a quella del no? E se a tutto ciò si aggiunge uno spiccato anti-parlamentarismo di tutto l’impianto della riforma e soprattutto della sua propaganda, un attacco ribadito in ogni occasione contro gli schiaccia-tasti (cit.) e le discussioni delle aule parlamentari, chi difende davvero le istituzioni?

Capite che non ha alcun senso e che se si va avanti così, nel breve volgere di qualche settimana, perderà senso tutto quanto?

Non dubito che il premier sia casto, nel senso che lui stesso indica agli elettori, sedendo dietro la sua scrivania a Palazzo Chigi o in volo sul suo aereo presidenziale, in perenne esposizione televisiva (manca solo che conduca il meteo), nella tv pubblica che ha disegnato per buttare fuori dalla Rai la “casta” e rimanerci più o meno da solo. Castissimo.

Solo che oltre a essere casti, bisognerebbe anche essere cauti.

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