Pare che oggi si sia capito che rimanere per «cambiare da dentro» non si sia dimostrata una strategia formidabile.

A parte la vicenda di Gianni Cuperlo – il cui vero errore è stato votare Sì in aula, quando la riforma è passata alla Camera, ben due volte – si dimostra che la diversità di posizioni, il pluralismo, le culture non riducibili a uno schema imposto senza condizioni sono semplicemente vissute con fastidio.

Che ciò accada sulla 'riforma' della Costituzione è ancora più grave, perché la Costituzione dovrebbe appunto unire, non dividere, smaterializzare.

E pensare che ciò che si chiedeva inizialmente era un Senato più razionale, elettivo, con ruoli definiti, senza i pasticci e le contraddizioni che ha invece questo nuovo Senato monstre, che costerà il 90% del precedente, tra l'altro.

E pensare che ciò che si chiedeva era di fare attenzione a una legge elettorale con un ballottaggio e un premio che non esiste da nessun'altra parte (nemmeno in Grecia: appena hanno saputo dell'Italicum, l'hanno cancellato…).

E pensare che ciò che si chiedeva – a proposito di tutto il resto – era di non fare cose che aumentassero le disuguaglianze e la precarietà, come invece è stato fatto, senza alcun riguardo per la progressività e le condizioni patrimoniali complessive.

Ora si è dimostrato ancora una volta che l'unico modo per cambiare da dentro è cambiare se stessi e andare d'accordo con il Capo.

Votare cose lontane mille miglia dal programma elettorale con cui ci si era presentati, dalla cultura politica che dovrebbe appartenere a una forza di centrosinistra, a alcuni fondamentali di 'metodo' e di 'merito'.

E in effetti è così: Renzi li sta cambiando tutti, da dentro.

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