Dieci parlamentari del Pd voteranno no.

Quasi tutti avevano votato sì in aula, e questo è un aspetto da considerare, perché abbiamo perso fin troppo tempo a seguire chi si oppone di fatto a se stesso. Se avessero dichiarato la loro indisponibilità prima, saremmo di fronte a una storia diversa. Purtroppo fummo pochi, pochissimi a farlo e ad assumerci le conseguenze di una decisione che ci ha certo allontanato dal potere, ma che ci pareva l'unica possibile.

Il segnale però, pur piccolo, non è affatto banale: è come se finalmente si fosse rotto qualcosa, nel conformismo di un partito che per troppe volte ha rinnegato se stesso. Anche la vicenda della Rai sembra aver mosso qualche coscienza, anche se ancora di poco e forse per poco, come al solito. Pare che all'interno delle stesse correnti democratiche, anche quelle più governiste, ci sia finalmente quel dibattito che è mancato fin dai primi anni di questa legislatura.

Il referendum per mille motivi è l'ultima occasione per capire se «si sta al gioco» oppure se a quel gioco ci si sottrae.

Noi ci siamo portati avanti, assumendoci i rischi di una posizione che non era tattica, era semplicemente sincera e molto preoccupata per la china che si stava prendendo, fin dall'inizio. Che se ne accorgano anche altri non può che farci piacere.

Per quelli che ancora si posizionano sul «ni», il tempo è scaduto da un pezzo. Chissà che non vogliano battere un colpo.  Meglio tardissimissimo che mai.

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