In questi giorni in cui è difficile trovare punti fermi, tra tentativi di colpi di stato alle porte dell’Europa e attentati sul territorio europeo (e non solo, anzi), il rischio più grande è che ci vadano di mezzo i diritti e la libertà di ciascuno di noi, a partire dai più deboli, che troppo spesso sono indicati come portatori di tutti i mali.

È significativo, in questo senso, che gli specialisti della rabbia xenofoba non abbiano nulla da dire rispetto a quanto fatto emergere dalle inchieste giornalistiche: 1.400 società anonime che letteralmente depredano le risorse naturali di 44 dei 54 stati africani, trasferendo dove è fiscalmente più vantaggioso i relativi profitti. Oltre il danno, la beffa. E la beffa della beffa, che si realizza quando le persone scappano da quei paesi alla ricerca di una vita decente.

Per il momento – ma come è sempre stato nella storia dell’umanità, d’altra parte – funziona così: le persone scappano. Non è un trasloco, è una fuga. Dalla fame, dalla guerra, da condizioni ambientali e climatiche avverse. Si mettono nelle mani di trafficanti, che li guidano nel tragitto, e che nel tragitto picchiano, stuprano, rinchiudono. E infine arrivano ai confini dell’Unione europea, che sono i confini della Grecia e dell’Italia, soprattutto: terre di passaggio per chi arriva da un Sud molto più povero di noi e si dirige verso un Nord più ricco di noi.

Fermarli è impossibile, perché la loro determinazione non conosce confini. Fare in modo che non siano costretti a scappare (si parla, infatti, di "migrazioni forzate") è possibile, invece, agendo sulle cause prime, e in questo senso provvedimenti come il “migration compact” si rivelano del tutto inadeguati.

Continueranno ad arrivare. Possiamo investire sulla paura, o possiamo investire sull’umanità e sulle esperienze che già esistono nel sistema di accoglienza italiano, ma che coprono un ruolo ancora marginale, e di cui nessuno parla, perché con la gestione in emergenza, gli scandali, il malaffare, i «migranti più redditizi della droga» è molto più semplice acchiappare voti e click. Più in profondità si nascondono i casi virtuosi, che spesso rientrano nella rete Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati), e che sono stati capaci non solo di costruire convivenza e percorsi di inclusione (sociale, scolastica, lavorativa), ma anche di combattere lo spopolamento di zone marginali, di trattenervi i giovani, di mettere in moto piccole economie locali grazie ai 35 euro, che non finiscono nelle tasche dei migranti, ma che finanziano (rendicontando al centesimo) strutture e servizi necessari all’accoglienza: l’affito di appartamenti vuoti, operatori dell’accoglienza, mediatori culturali, psicologi, assistenti sociali, figure amministrative e tecniche: un vero e proprio capitale umano che resta sul territorio che ha cresciuto quelle figure.

La scelta della politica è questa. Noi sappiamo da che parte stare. Ci vediamo mercoledì 27 luglio, a partire dalle 19, in piazza dell’Immacolata a Roma (San Lorenzo).

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti