Premessa: i numeri per l'approvazione complessiva della Cirinnà ci sono e ci sono sempre stati.

Considerazione: il dibattito – iniziato due anni fa, quando il premier annunciò la legge, nell'estate del 2013 – è sprofondato in un clima da rodeo, in cui si sovrappongono cori da stadio contrapposti: il bue dà insomma del cornuto all'asino. Libertà di coscienza che diventano fiducie (che prima non si potevano mettere, invece da ieri sì, chissà perché), defezioni all'interno dei gruppi che sono adottate per attaccare gli altri, maggioranze alternative che non si riescono a fare perché qualcuno dei non alternativi è al governo, persone che insultano dalla mattina gli alleati delle larghe intese (personaggi tremendi, siamo d'accordo, senza i quali però non ci sarebbe il governo, piccolo particolare).

Posizione: la cosa migliore rimane quella di sempre: votare in Parlamento – senza rinviare e sospendere ulteriormente -, come si conviene a un'aula parlamentare, senza canguri super (e diesel, perché ci si sta mettendo un botto). Ci vuole una settimana? Quindici giorni? Ci si provi. Leggo invece (dalla viva voce del Corriere, che segue affettuosamente le 'mosse' di Palazzo Chigi) che si starebbe pensando a una scelta di governo – strano, eh? – con la fiducia sulla Cirinnà senza le adozioni, per poi proporre un testo sulle adozioni subito dopo, alla Camera. Mi sembra veramente un'idea geniale: se non si votano ora, perché si potrebbero votare tra un mese? Dice che si vogliono introdurre anche le adozioni per i single (battaglia che condivido pienamente e sulla quale avremmo potuto già fare molto): mi chiedo, ma chi non vuole sentirne parlare, quando il testo arriverà al Senato, come voterà? Non presenterà gli stessi emendamenti? E a quel punto, perché non consentire anche alle coppie omosessuali di adottare e non solo i figli del coniuge?

Conclusione: mi pare che siamo al trionfo dell'ipocrisia, al contorcimento totale, allo specchio riflesso, che riflette appunto una situazione imbarazzante. Si dirà: questo è il Parlamento che abbiamo. Infatti si poteva tornare a votare, tanto c'è uno che vince sempre (giusto?) e non avrebbe avuto più alibi. Alibi: parola che significa altrove. Dove vorremmo essere in tante e tanti, a leggere certe cose.

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