Gustavo Zagrebelsky ha scritto un saggio la cui lettura è utile alla politica del presente (e del presentismo) in cui siamo immersi  (Senza adulti, Einaudi 2016).

Una riflessione sulla questione che potremmo chiamare  degenerazionale, sugli equivoci che sono sottesi a certe retoriche molto in voga, sulla necessità di chiarire il senso stesso della politica. E i suoi tempi.

Un excursus del libro è dedicato al disastro dell’isola di Pasqua, a una terra proprietà solo dei viventi, che in un misto di «gigantismo e imprevidenza», in cui un’«estorsione dei beni ambientali» hanno provocato il «collasso», negando completamente a quella comunità un futuro, anzi: il futuro.

Ciò vale come esempio e come monito, secondo Zagrebelsky, per «le risorse naturali, le materie prime e le fonti energetiche della Terra»» ma anche per «le risorse finanziarie, quando siano portate ad anticipata e fittizia esistenza da politiche d’indebitamento a lungo termine, il cui peso si scarica sulla ricchezza e sul benessere di chi, venendo dopo, di quelle risorse non si sarà potuto giovare». E ciò vale anche per le «risorse genetiche della materia vivente».

Riflettere sul futuro compiutamente non è cosa da poco. Non si risolve nell’anticipare la mossa, nel costruire soluzioni che abbaglino come un flash il presente, nel dare risposte che anticipino benefici per procrastinare i guai. Non è né giusto né serio per le generazioni dei viventi e lo è ancora meno, ovviamente, per le generazioni future.

Quando scrissi Qualcuno ci giudicherà, proprio a qusto pensavo. Agli effetti. Alle conseguenze. E immaginavo una politica che sapesse andare nel futuro per valutare il presente, per giudicare che cosa stiamo facendo oggi, come se ci vedessimo da un punto spostato in là nel tempo, tra venti o cinquant’anni.

La metafora era proprio quella dell’albero, che risponde idealmente alla deforestazione dell’isola di Pasqua con il riferimento a un grande parco che qualcuno decise di sottrarre allo sviluppo edilizio, tanti anni prima che se ne potessero godere i benefici. Spendendo molti denari quando si sarebbe potuto  guadagnarci parecchio. Si chiama Central Park e tutti sanno che cos’è. Ma forse si sono dimenticati che cosa significa davvero.

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