Per completare il quadro di riforme – del buonsenso, soprattutto – mancava il ponte sullo Stretto.

Come sapete in questi ultimi due anni ho documentato il progressivo riaprirsi del discorso sullo Stretto. E tutti prendevano in giro me, dicendo che erano solo parole di Alfano (che di solito, abbiamo scoperto, ci azzecca: vedi alle voci articolo 18, contante, casa, ecc.) e che il vostro affezionatissimo si inventava le cose, perché mai e poi mai si sarebbe discusso di Ponte sullo Stretto.

E invece dalla viva voce del premier, ecco la risposta.

E così dopo le citazioni letterali di Berlusconi di quando era giovane (sul lavoro, sulla «rivoluzione copernicana» del fisco, sulla prima casa, sull’evasione) ecco il trionfo del Ponte sullo Stretto. Una volta si diceva: quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini (si trattava di cose sbagliate, come potete capire). Ecco, quello che non ha fatto Berlusconi, lo fa il partito democratico. Con buona pace di Bersani che oggi tenta una difesa disperata, sulla linea di porta, o forse qualche centimetro oltre la linea: perché il programma che il deputato sta votando e le scelte politiche di fondo assomigliano al programma elettorale presentato nel 2013. Dagli altri.

Il ponte sullo Stretto diventa il ponte sulle larghe intese. Chi lo attraversa si trova in effetti dalla parte opposta. Senza fare una piega. E in alcuni casi senza nemmeno accorgersene.

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