Susanna Camusso, oggi, sul Manifesto, dà il proprio contributo ai referendum, all’incontrario.

Accredita una tesi non corretta, anzi proprio scorretta: nessuno ha presentato referendum su due piedi, ma su due mesi di lavoro, riprendendo uno spunto peraltro minacciato dalla stessa Cgil fin dall’approvazione del Jobs Act.

Poi non si raccolgono – come dice Camusso – le firme a luglio e agosto (non si capisce perché poi non si potrebbe fare: non credo che le persone facciano due mesi di vacanza), ma anche a settembre, com’è capitato per il Porcellum (anche allora, lo segnalo, le stesse critiche). Basta volerlo. E, se non si vuole, basta dirlo.

Da ultimo: non è vero che non si accompagneranno ai quesiti proposte inedite e nuove soluzioni. Anzi. Li presentiamo proprio per liberare il campo dalle schifezze, che personalmente ho contrastato anche quando ero in maggioranza (votando contro praticamente da solo), e aprire una stagione di cambiamento vero, che coniughi mobilitazione e progetto di governo. Nelle prossime settimane, inizieremo a parlarne, proprio utilizzando la campagna referendaria.

Peraltro, sulle trivelle, come dimostra anche l’intervista a Michele Emiliano sul Fatto, la mobilitazione incrocia l’azione delle regioni che si stanno muovendo contro le trivelle, oggetto di due quesiti da parte nostra.

Lo diciamo e scriviamo dall’inizio di maggio. E davvero non capisco perché sia meglio parlare da mesi di referendum per poi spostarli a dopo: ciò comporta un voto nel 2017. Tra due anni. Che a me sembrano un’enormità.

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