amaca

Non posso far altro che ringraziare Michele Serra per il pensiero e promettergli che ce la metteremo tutta – l’idea in effetti è proprio quella – e costruiremo un partito che convinca lui e quelli come lui, i milioni che “preferiscono rassegnarsi in compagnia che ribellarsi da soli”. Per altro, inizia anche a esserci qualche altro milione che “era” come lui e non si riconosce più, non vota più, o chissà dove è finito, e sarebbe bello recuperare anche loro.

Anch’io avrei una domanda per Serra, però: lui che dice di preferire quelli come me – e lo ringrazio, specie per l’elenco di esempi che fa e che mi lusingano – ma poi il voto lo dà “per sicurezza, nel calderone più grande a disposizione, quello del partitone di massa”. E la domanda è: guardandosi indietro, col senno di poi, ha qualche rimpianto? Non lo chiedo tanto per fare una domanda retorica, è una questione che mi interessa davvero, e molto.

Ripensando a tutte le fasi che abbiamo attraversato, attraverso cui la sinistra italiana e non solo italiana è passata, a rinunciare sempre un pochino e sempre di più a noi stessi per adeguarci alla rassicurante massa, ci abbiamo guadagnato o ci abbiamo perso? E abbiamo guadagnato cosa, e perso cosa? Ne valeva la pena? E poi, proprio perché stiamo guardando una lunga storia, più lunga delle nostre stesse vite, non c’è un po' troppa differenza, per usare lo stesso termine usato da Serra, tra il calderone di Berlinguer e quello attuale?

Certamente Serra riconoscerà la formula di questa domanda: davvero il compito storico della sinistra è di adeguarsi, di cedere, di rinunciare a se stessa – non su qualcosa, ma sempre e su tutta la linea, colpevolizzandosi e facendosi colpevolizzare – e di portare i suoi voti dentro un calderone? Io ero e resto convinto di no, infatti quando abbiamo fondato il centrosinistra e il Pd questa clausola non era scritta da nessuna parte, nemmeno in piccolo. Insomma, caro Michele, non è che ti – e ci – stanno fregando?

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti