Una volta il dissidente ero solo io. No, non è vero. Io ero il dissidente dentro, quello fuori poi è diventato premier.

Ora, leggendo Repubblica, migliore interprete della politica del governo, scopriamo che la categoria dei dissidenti riguarda mezzo Pd, fino a comprendere Pier Luigi Bersani.

Il quale – talmente dissidente da aver votato tutto quanto, senza fare una piega sulla riforma costituzionale – chiede che si applichi il metodo Mattarella (se preferite non-nazareno o di centrosinistra) alle prossime mosse: Italicum, Jobs Act, 3%.

E mentre Boschi e altri ministri rivendicano le scelte assunte (in particolare sul 3%, confondendo frode con evasione, peraltro) e mentre il premier ribadisce che sull’Italicum non ascolterà le ragioni di nessuno e sul Jobs Act il Parlamento ormai deve stare muto, visto che i decreti sono di competenza del governo, prosegue il lavoro dei nuovi dissidenti. Che vorrebbero che Renzi rinnegasse se stesso, comprendesse di avere sbagliato tutto quanto, ritornasse sui propri passi: proprio ora che si sente invincibile.

Speriamo ovviamente che i nuovi dissidenti abbiano ragione e che tutto cambi: forse però dovrebbero rendersi conto che chiedere tutto questo è un po’ come chiedere le dimissioni di governo e segreteria. E che queste dimissioni (politicamente parlando) non possono arrivare.

Un solo consiglio: nel caso in cui queste modifiche non passassero, Bersani che cosa consiglierebbe ai suoi, di votare comunque tutto quanto, come ha sempre fatto? Così, per sapere.

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