Gianrico Carofiglio, oggi, su Repubblica, riprendendo la proposta di Cantone e di altri, per contrastare efficacemente la corruzione nel paese della corruzione:

Provate a parlare a un pubblico ministero americano di questi argomenti. Provate a dirgli come funziona (funziona?) in Italia il sistema della repressione penale di questi reati. Vi guarderà con espressione incerta, chiedendosi se state scherzando o se vivete in un Paese di pazzi. Poi, dopo essersi ripreso, vi spiegherà come fanno loro e immancabilmente vi parlerà di agenti sotto copertura.

L’agente sotto copertura è un ufficiale di polizia che, con una falsa identità, avvicina un criminale e gli propone un affare. Se l’altro accetta si consuma il reato e (indipendentemente dal fatto che l’arresto scatti subito o lo si rinvii per approfondire le indagini e individuare ulteriori colpevoli) le possibilità che il malandrino possa sottrarsi alla giustizia sono molto ridotte. C’è il filmato, c’è la registrazione, c’è poco da discutere o interpretare.

In Italia è già prevista la possibilità di compiere operazioni sotto copertura per reati di criminalità organizzata, traffico di armi e droga, per pedopornografia. Non è prevista per il reato che più di tutti lo richiederebbe, cioè appunto la corruzione. Eppure non si tratta di un’idea bizzarra di qualche magistrato forcaiolo. Ce lo chiede, come si suol dire, la comunità internazionale. L’articolo 50 della convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla corruzione impegna gli stati firmatari ad adottare norme che consentano le operazioni sotto copertura, con presupposti chiaramente indicati e sotto il rigoroso controllo dell’autorità giudiziaria. La convenzione Onu è stata ratificata dall’Italia già da oltre 5 anni ma da allora nulla è accaduto. O quasi.

Va detto infatti che giace in commissione Giustizia alla Camera un buon disegno di legge presentato da alcuni parlamentari del Pd proprio in materia di operazioni sotto copertura e lotta alla corruzione. Se questo disegno di legge fosse rapidamente esaminato e approvato — assieme ad altre fondamentali riforme, in materia di prescrizione e collaboratori di giustizia — , il senso di impunità di corrotti e corruttori comincerebbe a sgretolarsi. E soprattutto si farebbe percepire ai cittadini e alla comunità internazionale che in questo Paese c’è la volontà di uscire davvero dalla poltiglia morale. Quella in cui alcuni sguazzano e in tanti rischiano di affogare.

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