Mi scrive un operatore della comunicazione, entusiasta dell’Art Bonus:

La gestione dell’Art Bonus è francamente imbarazzante.

Alle aziende, contestualmente all’approvazione del decreto, sono state inviate 12 dicasi 12 pagine di un documento delle Agenzie delle Entrate. Un testo che, se non gli ha fatto prendere un coccolone, sicuramente ha fatto sì che venisse testé cestinato.

Non ho mai incontrato alcuna azienda o multinazionale che sapesse cosa fosse l’Art Bonus.

Abbiamo un patrimonio enorme, che plausibilmente è sempre lo stesso da 2000 anni. Il libretto dei Beni culturali è di antica memoria. Eppure non riusciamo ad avere un elenco dei beni “adottabili” da parte delle aziende.

Il direttore comunicazione di uno dei brand più conosciuti al mondo non sapeva assolutamente nulla. Ho impiegato 20 minuti a spiegarlo… era contento, davvero e sinceramente.

Idem per un cartello di aziende che vogliono mettersi insieme per il restauro di uno dei siti più importanti di questo paese.

Eppure niente. Non se ne sente nemmeno parlare.

È vero, c’è (come al solito) un surplus di leggi. E l’Art Bonus pare confligga con il decreto Melandri del 2000, ma allora invece di legiferare ex novo non conveniva aggiustare quello?

Insomma una delle operazioni più importanti di questo paese e per questo paese è fermo. Morto.

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