L’anno scorso lo dicevo, in ogni occasione: se le larghe intese durano troppo, ci si abitua e in alcuni casi ci si appassiona.

Le conseguenze erano evidenti, dicevo: si rompe il centrosinistra, salta l’alternanza e alla fine le larghe intese diventano un partito. Un partito solo, del sistema, a cui si oppongono, per ora, solo le forze anti-sistema, con differenti accenti.

Con le larghe intese prolungate all’infinito, saltano anche tutti gli ultimi paletti: una volta ci si poneva qualche problema ad allearsi con l’Udc, ora l’Ncd (che è un anagramma con l’aggiunta della ‘D’ di destra, ma non c’è alcun problema a contenere anche la destra) è pronto ad allearsi con il Pd un po’ dappertutto (e il Pd non ha ancora chiarito che cosa farà); una volta ci si tratteneva almeno un po’ prima di dichiarare un’alleanza strategica con chi stava con Monti (Fini, tra l’altro, dov’è? Perché manca solo lui); una volta c’era qualche problema ad avere una diplomazia così stretta e sintonica con la destra berlusconiana. E invece. E invece con l’arrivo del nuovo premier, candidatosi alla guida del Pd con lo slogan “mai più larghe intese”, sotto mentite spoglie, il progetto è andato avanti ed è diventato strutturale. All’insegna del superamento del concetto di destra e di sinistra, che di solito significa che si va destra.

Uomo vitruviano delle larghe intese, inserito nel cerchio del Pd e nel quadrato dell’Ncd, il ragazzo ha fatto diventare le larghe intese un partito politico. Così, in un colpo solo abbiamo la balena e abbiamo anche il nasino di Pinocchio.

Ora, per me era ed è ovvio: mi chiedo cosa faranno quelli che non solo hanno fatto le larghe intese sotto Letta, ma hanno addirittura pregato Renzi di andare a Palazzo Chigi al posto suo, fino al 2018, con Alfano e un’intesa più che cordiale con Berlusconi. Parlo delle altre ‘minoranze’ del Pd: pensano di proseguire sulla via baleniera o mettere un paletto (di frassino) contro un mostro politico di dimensioni oceaniche?

Perché – e così rispondo ai commentatori maliziosi – da questo dipende il mio futuro di elettore: una cosa così, se si va a votare a marzo, non la voterò. E spero che altri dicano, fin d’ora, la stessa cosa.

Non è questione di scissione, ma per me quello è il punto di non ritorno. E sarebbe il punto di andare via.

P.S.: sulla metafora baleniera, vi rinvio a questo post di un anno fa.

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