Forse, tra mille chiacchiere giornalistiche, attacchi di una certa volgarità (sono ininfluenti, non hanno i numeri, si va avanti lo stesso, sono solo in cerca di visibilità), varrebbe la pena di leggere le parole che Walter Tocci ha pronunciato in commissione Affari costituzionali a proposito della riforma del Senato:

Se Obama andasse in televisione ad annunciare la presentazione di un disegno di legge per cancellare il Senato e minacciasse di dimettersi in caso di mancata approvazione entro le prossime elezioni di medio termine chiamerebbero l’ambulanza o attiverebbero l’impeachment.
Noi invece passiamo agli emendamenti, alle chiose, alle precisazioni e ci riuniamo in seduta notturna per fare presto, per approvare la legge entro le prossime elezioni che tra l’altro dovrebbero riguardare il confronto sui programmi per l’Europa.

Tutto ciò viene presentato come la modernità, ma a me pare il rigurgito di un vecchio provincialismo delle classi dirigenti italiane che non hanno mai avuto l’orgoglio delle proprie istituzioni.

Il dibattito è cominciato molto male, a mio avviso. Si può certo cambiare la Costituzione, ma solo se si cambia verso. Mi occuperò nel mio intervento soprattutto della critica dei presupposti. Diceva Kant che se il problema è impostato correttamente la soluzione viene per semplice deduzione, ma se il problema è impostato in modo confuso si gira intorno senza mai trovare la soluzione.

Se abbiamo rispetto di noi stessi e dell’istituzione che rappresentiamo non possiamo accettare l’invadenza del governo in materia costituzionale e tanto meno quando si tratta della struttura del Parlamento. Non è mai accaduto in tale misura nella storia repubblicana. Alla Costituente quando si passò all’esame degli articoli Pietro Calamandrei chiese ai ministri di lasciare l’aula, perché il governo non doveva interferire sulla Costituzione. Questo rispetto è durato più di mezzo secolo e fu messo in discussione la prima volta nella 14° legislatura dalla maggioranza di centro destra con la confusa revisione della seconda parte poi bocciata dai cittadini nel referendum del 2006. Alcuni membri di questa commissione erano presenti già allora. Ricorderà la senatrice Finocchiaro come noi della minoranza conducemmo una dura polemica contro il tentativo di Berlusconi di modificare la Carta a propria misura. Ci fu un’invadenza davvero pesante, ma a distanza di tempo devo riconoscere al senatore Calderoli, allora protagonista in maggioranza, che non si arrivò mai a porre una sorta di voto di fiducia al governo in materia costituzionale.

Sono rattristato che oggi lo tenti il mio governo e il leader che sostengo lealmente, di cui apprezzo le iniziative coraggiose in campo economico e nella politica europea e soprattutto la capacità di risvegliare nel popolo italiano la fiducia nel cambiamento.

Per lunga esperienza parlamentare so bene che nei momenti difficili sono proprio coloro che sostengono il governo ad avere la principale responsabilità di limitarne l’invadenza. Così avrebbero fatto un tempo i parlamentari democristiani pur di fronte a leader forti, come quel toscanaccio di Fanfani. La schiena dritta dei parlamentari è un prerequisito della civiltà giuridica.

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