Premessa fondamentale: il clima è surreale. Renzi ha vinto le primarie, gli altri le hanno perse male e lo spettacolo di queste ore è tra l'autolesionismo collettivo (e di corrente) e la follia integrale.

Chi fa opposizione preconcetta sbaglia (anzi, per la precisione, continua a sbagliare): «né pentere e volere insieme puossi» senza apparire contraddittori, come ho cercato di spiegare a proposito del caso Cuperlo. Non si può fare una cosa e l'altra, opporsi a Renzi a testuggine e essere in realtà divisi, replicare stanchi correntismi, cambiare di posto agli argomenti (valga per tutti l'editoriale di oggi di Marco Travaglio, in cui giustamente dice che qualcuno del Pd, visti i precedenti, dovrebbe preoccuparsi che Berlusconi abbia incontrato Renzi e non viceversa).

Inizialmente gli attuali feroci oppositori (in precedenza dirigenti compiaciuti di se stessi) attaccavano Renzi perché faceva cadere il governo e nel momento in cui Renzi lo rinsalda, rilancia il percorso delle riforme (dove l'ho già sentita?) e invoca la disciplina di partito (argomento frequentatissimo fino a quando il partito lo tenevano altri) si inalberano.

Sono almeno tre anni che fanno il suo gioco, agendo e dichiarando così, ma non se ne sono accorti. Quando il titolo non se lo procura da solo, ci pensano loro.

Certo, Renzi è decisionista, è pesante come una peperonata, ha una naturale inclinazione per le frasi epocali (la «profonda sintonia» rimane la peggiore degli ultimi giorni), dice cose aggressive per prendersi i titoli e anche per regolari i conti. Ha un'idea di leadership che a me piace poco, muscolare e in perenne accelerazione. Quanto all'idea di partito, mi pare che Renzi abbia avuto modo di spiegare, in questi anni, che cosa pensa della sua organizzazione e di quella democrazia interna che spesso associa alla burocrazia, senza pensarci troppo su. Tutti motivi che mi avevano spinto a votare Civati alle primarie (scherzo, ma fino a un certo punto). Per me è sorprendente insomma che ci si sorprenda.

E anche il metodo delle trattative bilaterali è un metodo astuto, che infatti tutti hanno celebrato, salvo poi scandalizzarsi se si incontra Forza Italia: ho già chiarito che per me, tra Silvio e Dudù, ci poteva essere una via di mezzo, ma non è questo il punto politico.

Il punto è la sostanza. Oggi Pellegrino su Repubblica esprime le mie stesse perplessità, parlando di «pericolo Porcellinum». Ha ragione: la soluzione migliore sarebbe quella di rivedere il meccanismo del premio (che così com'è appare larghissimo e non del tutto congruente) e la questione del rapporto tra elettori ed eletti ovvero le modalità di scelta da parte dei cittadini. Le liste sono ancora bloccate e i seggi sono distribuiti su base nazionale, cosa che rende i collegi in larga misura 'apparenti'.

Le primarie, d'altra parte, funzionano meglio con un solo posto in palio e se sono normate per legge e i collegi uninominali sono molto migliori non solo (ovviamente) di quelli plurinominali ma anche delle preferenze (preferenze che ora trovano molti sostenitori che non hanno mai avuto, anzi: fino a ieri le avevano sempre escluse proprio quegli stessi dirigenti politici che oggi si stracciano le vesti). Ora Renzi dice che se non ci sono le preferenze è perché non le ha volute Berlusconi, ma a me risulta che le preferenze a Renzi non siano mai piaciute.

L'ho detto in direzione, proprio così: la soluzione proposta da Renzi ed elaborata, così si dice, da Verdini, è molto simile al Violantum di cui si parlava qualche settimana fa ed è un incrocio tra la prima proposta dello stesso Renzi (lo spagnolo) e la terza (il sindaco d'Italia senza sindaco), che salta completamente la seconda, il Mattarella del Senato, magari modificato, che è e resta il sistema migliore, proprio perché supera di slancio tutti i vizi del sistema italiano. Renzi lo aveva detto in un'intervista alla Stampa, qualche mese fa: si riparte dal Violantum, e così è stato. E forse era già "nelle cose" prima della lettera di Natale.

Quindi, il sistema elettorale proposto parla più al mondo della precedente maggioranza del Pd, per capirci, di quanto non parli a chi come me è stato minoranza prima e lo è anche ora. Il sistema è concettualmente vicino a quelli discussi in questi ultimi anni, è lontanissimo dal referendum del '93, e necessita di una stretta corrispondenza tra riforma elettorale e riforme costituzionali, senza le quali è difficile addirittura immaginare che possa funzionare.

Insomma, è uno schema che più che a Civati si rivolge e coinvolge Letta e Franceschini e chi voleva proseguire con l'attuale legislatura, che deve andare avanti, così come le riforme costituzionali sono in tutto simili a quelle promesse un anno fa da Letta quando chiese la fiducia al Parlamento, con un'unica, duplice e fondamentale differenza: che c'è un testo da cui partire (ricordate? Lo chiesi allora a Letta) e c'è un mandato per operare, che Letta non aveva, partendo dal disastro dei 101 (di cui ora tutti tornano a parlare, dopo avere sorriso alle mie richieste di chiarimento) e dalla non-vittoria elettorale.

Capirete la difficoltà per uno come me, che non condivide il modello fiorentino, ma non perché lo ha presentato Renzi. E certo non intendo fermarlo o bloccarlo, solo capire se si può fare qualcosa di meglio. Perché non è un problema della classe politica, il sistema elettorale. Ma dei cittadini. E forse in queste ore qualcuno se ne è dimenticato. Con le appassionanti conseguenze che vediamo.

La morale è però un'altra e spiega quasi tutto: è tale il ritardo con cui si fanno le cose che anche una brutta legge elettorale, fatta con (se non addirittura da) Berlusconi, è vista come salvifica. E chi vi si oppone dovrebbe tenerne conto, soprattutto se prima, pur condividendo con Berlusconi molte cose (un governo e mezzo e la riforma della Costituzione), non è riuscito a fare un corno. Per molti, troppi anni.

P.S.: sulla querelle di queste ore, consiglio la lettura di Rocco Olita. Sono d'accordo con una delle ultime uscite di Cuperlo, quindi: si dirige, non si comanda. E Renzi poteva risparmiarsi la polemica e certi toni, che hanno sollevato un polverone di cui avremmo volentieri fatto a meno. Come mi ha scritto Peppe, mentre ero in diretta tv, però, non è il caso di strepitare: «quelli che oggi a Renzi dicono che si dirige e non si comanda, siccome comandano da 20 anni, non sopportano di essere diretti».

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